Testimoni di Geova
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1 Ottobre 2016


Oggi ho finalmente chiuso un capitolo importante della mia vita. Dopo un anno di attente ricerche e valutazioni, ho deciso di lasciare ufficialmente i Testimoni di Geova. Dico ufficialmente, perchè in pratica non lo ero più da un po’.
Avvenimenti recenti, comunque, mi hanno spinto ad ufficializzare la decisione, nonostante debba affrontare delle conseguenze. Già, perchè lasciare la religione dei Testimoni di Geova non è così semplice come si possa pensare. Ma questa è un’altra storia, magari in un prossimo articolo racconterò un po’ la mia, di storia, e cosa mi ha portato a non credere più alla religione in cui mi ha cresciuto mia madre, in cui ho creduto fermamente in pratica per 38 anni della mia vita, e prendere questa decisione.

Per ora, pubblico la lettera che ho inviato per formalizzare la mia decisione. Avevo trovato una lettera di dissociazione tempo fa che mi era piaciuta tantissimo, perchè esprimeva praticamente il mio punto di vista, e decisi che, se un giorno ne avessi inviata una, sarebbe stata quella. Ne ho modificato qualche passaggio e l’ho usata per la mia dissociazione.

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Con la presente intendo comunicarvi la mia irrevocabile decisione di dissociarmi dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova.


Allo stesso tempo intendo, in modo certamente parziale, motivare la mia scelta.
Potrei sintetizzare dicendovi che non credo più nell’esistenza di Dio, e potrebbe bastare questo. Potrei aggiungere che non credo – di conseguenza – neanche nella veridicità della Bibbia. E se anche alla Bibbia credessi, dovrei stare qui a discutere delle numerose e lampanti forzature che la dottrina dei Testimoni fa nell’interpretarla. Ma, cosa che più mi tange, non voglio essere accostato né nominalmente né fattivamente ad alcuna confessione religiosa. Tanto meno la vostra.

Il mio battesimo risale al 1992, e avevo 14 anni. Troppo pochi per capire la scelta che stavo facendo, troppo pochi per avere una visione chiara del mondo, troppo pochi per acquisire la giusta autonomia di pensiero. Mi sono pentito di quella scelta, fatta all’epoca con grande trasporto. Il trasporto di un ragazzino. Ho messo la mia vita nelle mani di un’organizzazione religiosa che pretende una precisa condizione: credere e obbedire ciecamente, rispondere alle proprie domande attingendo da una sola ed unica fonte.

Non voglio più essere in alcun modo avvicinato ad un sistema religioso che esercita un continuo e velato ricatto morale su chi ne fa parte. La disassociazione (e anche la mia dissociazione) ne è l’esempio più evidente: la paura dell’emarginazione spinge a smettere di pensare con la propria testa e ad accettare acriticamente le direttive. E’ bastato infatti liberarsi di questa paura ed esaminare obiettivamente le dottrine e la storia dell’organizzazione, utilizzando anche solo la bibbia e le stesse pubblicazioni edite da questa religione, per rendermi conto che i Testimoni non insegnano in alcun modo la “Verità”.

Ebbene, ben cosciente di quello a cui vado incontro, in ragione di una scelta di coerenza e di condanna verso questo modo di interpretare la fede e l’appartenenza confessionale, ribadisco la mia volontà: il mio nome, la mia persona, non vuole essere partecipe direttamente o indirettamente, anche se solo da iscritto ad un registro come lo sono adesso, a tale sistema.

Non voglio in alcun modo che mio figlio corra il rischio di essere indottrinato e gettare anni della sua vita obbedendo ai capricci e alle invenzioni dottrinali (in continua fluttuazione) di un gruppo di uomini, utilizzando gran parte del suo preziosissimo tempo a fare proselitismo, distribuire volantini e inseguire fantomatici “privilegi”, rinunciando alle sue passioni e soffocando i suoi talenti in attesa di un utopico paradiso che non arriverà mai.

Quando qualcosa, o qualcuno, spinge gli esseri umani a fare violenza su sé stessi (un amico che non saluta più un amico, una madre che disconosce il figlio), in quel momento è evidente il tarlo che si è preso possesso di una mente e di un cuore che altrimenti si comporterebbero diversamente – in ragione dell’umanità stessa. In questo senso sono felice di fare affidamento solo ed esclusivamente sulla mia capacità di giudizio, senza affidare a terzi il comando della mia coscienza.

La religione, qualunque essa sia, riesce benissimo a regalare speranze e sostegno morale. Ma il prezzo da pagare, per quanto mi riguarda, è molto – troppo – alto. Considerato che la fede è qualcosa di irrazionale e anti-scientifico (“la reale aspettazione di cose benché non vedute”), preferisco affrontare i miei giorni senza illusioni da una parte ma senza imposizioni forzate dall’altra.

Il culto dei Testimoni di Geova segue con zelo (e spesso amplificandone alcune caratteristiche) l’impostazione di praticamente tutte le confessioni religiose del pianeta: certezza di possedere l’unica e sola Verità, avversione verso le concorrenti e vittimismo religioso, controllo sui fedeli, scarsa tolleranza, culto del senso di colpa, sessuofobia e lancio di anatemi verso i “rinnegati”.

I miei valori non sono e non possono essere questi: il mio amore non può essere condizionato e limitato da agenti esterni; il mio intelletto non può essere eterodiretto da un “Grande Fratello” di orwelliana memoria, si chiami esso Papa, si chiami Ayatollah, si chiami corpo direttivo.

Non posso dimenticare, rifacendomi alle mie esperienze personali, il neanche sottile razzismo incoraggiato dall’organizzazione verso i fedeli cosiddetti “non spirituali”. Come se la spiritualità di una persona dipendesse da una cifra segnata a penna su un foglietto, o da una mano alzata per dare sempre le stesse risposte alle stesse domande, o da un viso perfettamente rasato piuttosto che avente un filo di barba. Quanta ipocrisia e quanto conformismo, quanta superficialità. Voglio continuare a credere che domandarsi chi si è, da dove si viene, magari senza trovare le risposte, sia più “spirituale” che ripetere a pappagallo la dottrina vigente al momento, la “presente” verità (come se una “verità” potesse cambiare dall’oggi al domani).

Non posso accettare di essere accomunato, anche solo lontanamente, ad un’organizzazione religiosa che fa dell’arte della delazione e dello spionaggio tra fedeli stessi, della pressione psicologica e – ripeto – del ricatto morale parte integrante della propria preservazione e continuazione. Un gioco perverso che sarebbe “normale” se ambientato durante il periodo dell’Inquisizione nel medioevo, o magari sotto la Gestapo hitleriana (o sotto la Stasi della Germania socialista, tanto per essere bipartisan).

Assolutamente fuori tempo – e chissà, a mio modo di vedere in parte anche fuorilegge – in una società per fortuna “democratica” (o quasi) del 21esimo secolo, rispettosa (almeno costituzionalmente) dei diritti della persona.

Considerare le persone, buone o cattive, in base a ciò che credono (religiosamente, politicamente e così via) è quanto di più primitivo l’uomo riesca a fare. Dividere il mondo tra “noi” e “loro” è facile e viene naturale, è tecnica vecchia e ancora longeva che ha come obiettivo fortificare e tranquillizzare il “noi”. Ma non bisogna essere degli storici per accorgersi quali risultati, ciclicamente, hanno portato questi meccanismi.
Naturalmente non è mia intenzione dare lezioni a nessuno.

Ma sentivo la necessità di argomentare la chiusura definitiva di un capitolo importante della mia vita. Così come sono ben cosciente di quante brave persone, in primis la mia famiglia, fanno parte dei Testimoni. Ma li amerei anche se fossero valdesi o indù e sono sicuro che sarebbero splendide persone anche se atee o agnostiche. Non so se d’ora in poi corrisponderanno gli stessi sentimenti, viste le sempre molto amorevoli regole imposte dalla “teocrazia” (di cosa stupirsi? In nome della teocrazia tutto è possibile: in Iran, ad esempio, si impiccano gli omosessuali. Nell’Israele del Vecchio Testamento gli “olocausti” provocati erano all’ordine del giorno).
Anzi, dopo gli “incoraggianti” video e schemi dell’ultimo congresso sono quasi sicuri di no. Ma è una decisione che ho rimandato per troppo tempo e prima o poi doveva essere presa.

Chiedo, infine, di non venire più contattato in futuro da alcun appartenente della Congregazione per motivi religiosi.

In fede Roberto Spampinato – Catania 1 Ottobre 2016

Questa lettera è stata tratta dal sito di Roberto Spampinato:


Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova
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