Testimoni di Geova
     analisi critica di un culto
Testimoni di Geova
     analisi critica di un culto
Testimoni di Geova
     analisi critica di un culto
Testimoni di Geova
     analisi critica di un culto
Vai ai contenuti

La storia di Roberta


Sono nata in una famiglia di TdG e sono stata cresciuta come tale. Il periodo peggiore della mia vita arrivò quando iniziarono le scuole... il doversi isolare da tutto e da tutti, il sentirsi esclusi, l'essere "diversi", mi portarono ad odiare un po' le imposizioni che mi veniva detto di seguire, cosi divenni "ribelle", ma di nascosto. Non ho mai detto come ero realmente ai miei genitori perché avevo una personalità molto debole, ero, diciamo, la cocca di casa, e non me la sentivo di andare apertamente contro i loro "principi", né, tanto meno, di mettermi contro di loro. Cosi a 13 anni mi battezzai come testimone di Geova.

Sinceramente non avevo amici né dentro né fuori, ma piuttosto che rimanere sola decisi di stare almeno con la mia famiglia. In quel periodo mi sentivo molto forte spiritualmente, amavo tutto ciò che mi veniva insegnato, amavo la Bibbia, amavo la congregazione... Ma poi, quando vidi realmente ciò che ci stava dietro, iniziai ad essere delusa, demotivata. Passai i miei successivi cinque anni a fare solo ciò che dovevo, niente di più... solo ciò che mi era imposto di fare, come mantenere la media nazionale delle ore, fare il solito commentino in sala, ecc.
A 18 anni conobbi colui che diventò mio marito, il classico TdG con un piede dentro e uno fuori, e sinceramente a me piaceva proprio per questo. Mi attirava il fatto che riuscisse a ribellarsi, anche se non del tutto, a ciò che era il nostro mondo... e così mi sposai, a soli 19 anni. Mio marito non potei conoscerlo molto bene prima del matrimonio in quanto ai miei genitori non piaceva e quindi nascevano con loro infinite discussioni.

Mi sono sposata dopo appena un anno dal nostro primo incontro. Purtroppo dopo qualche tempo il nostro rapporto iniziò a prendere una brutta piega a tal punto che le discussioni sempre più accese portarono mio marito a mancarmi di rispetto: arrivava addirittura a mettermi le mani addosso. Così decisi, dopo tre anni di matrimonio, di fare le valigie e di lasciarlo. Ero davvero stanca di tutto e ad un certo punto sono crollata completamente.
Quando decisi di separarmi, gli anziani vennero a trovarmi a casa e, molto carinamente, mi dissero: "Cerca di capire tuo marito... può capitare che uno perda la pazienza. Per di più, da quanto tempo non avevate rapporti?". Io chiesi cosa c'entrava un discorso del genere e girai la domanda all'anziano, chiedendogli: "Caro fratello... ma se tua moglie non viene a letto con te per due settimane, tu che fai, la picchi?".

Lui restò senza parole, ma rimase fermo nella sua idea, e cioè che mio marito era un santo ed io quella che voleva lasciarlo, andando contro ad un principio riportato sul libro Famiglia (che dice più o meno "finché non ti picchia a tal punto che la tua vita è in pericolo non puoi separarti"). Dissi a questo mio anziano di fiducia (tra l'altro un mio parente... ): "Si, voglio lasciarlo. In questo momento la mia felicità viene prima di tutto". Lui mi rispose: "Tu non hai il diritto di lasciarlo perché hai fatto un voto". Beh, in tutta sincerità, ho preferito mollare tutto: religione e marito, e in men che non si dica sono diventata inattiva.

Ho passato qualche anno da sola a riflettere e sono andata a vivere per conto mio. Nonostante non fossi stata disassociata, nessuno, a parte i miei genitori che hanno un debole per me che va oltre ogni cosa, mi ha mai degnata di un "come stai", ero diventata una persona da non salutare nemmeno per strada. In quel periodo di estrema solitudine non ho avuto una sola persona vicino. Cosi mi sono resa conto che tutto l'amore di cui si parlava, che dovevamo assolutamente mettere in pratica principalmente nell'ambito della congregazione, era solo fumo, solo parole al vento. Questa è una delle ragioni che mi hanno indotta a lasciare l'organizzazione: non si predica l'amore senza per primi averlo mostrato al tuo fratello/sorella.

Andai avanti così per qualche tempo, fino a quando, finalmente, conobbi  una persona che ha saputo regalarmi un po' di serenità, e così presi la fatidica decisione di dissociarmi, decisione di cui ora vado orgogliosa.
Roberta*
*Nota: per ragioni di privacy il nome è stato cambiato su richiesta dell'interessata.


Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova
Click sull'immagine per
accedere alla pubblicazione
 
   
       
 
   
       
24/04/2021
Torna ai contenuti