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TNM e profezie

Intervento tratto da un newsgroup, rivisto dall’autore

"E la mia mano baciava la mia bocca"

Giobbe 31,27 Traduzione del Nuovo Mondo


Inizio con un piccolo saggio di Antonio Pinna che ha già ben scritto ciò che vorrei far capire:

1.1 Che cosa è una traduzione?


La traduzione è un cambiamento di forma.
La forma di una lingua sono le parole effettive, le frasi, le proposizioni, i paragrafi,  ecc., scritti o parlati. Queste forme costituiscono la struttura di superficie di una lingua. Nella traduzione, la forma della lingua di partenza è sostituita dalla forma della lingua di arrivo. Ma come avviene questo cambiamento? Che cosa determina le scelte di forma in una traduzione?

Nel processo di traduzione i cambiamenti di forma sono introdotti con lo scopo di lasciare costante e inalterato il senso. Un medesimo senso viene trasferito in una forma diversa e per mezzo di una forma diversa.
La traduzione dunque consiste nello studiare il lessico, la struttura grammaticale, la situazione di comunicazione e il contesto culturale del testo della lingua di partenza, analizzandolo allo scopo di determinarne il significato, e poi ricostruire questo stesso significato usando il lessico e la struttura grammaticale che sono appropriate nella lingua di arrivo e nel suo contesto culturale.

Esempio. Nel sardo "tengiu sonnu",
la forma è : verbo tenniri+ desinenza 1a persona + la parola sonnu
il senso è:  la persona che parla è nello stato di diventare presto addormentato.

Uno che volesse mantenere la forma identica nel tradurre questa frase in inglese direbbe "I have sleep", ciò che rischia di non aver senso in inglese, e comunque ciò che un buon parlante inglese non direbbe mai.
Una buona traduzione inglese dirà "I am sleepy", dove
la forma è : I prima persona + am verbo essere alla prima persona + sleepy attributo.
La forma è diversa, ma il senso è rimasto inalterato.

In Aguaruna, una lingua del Perù, la forma cambierebbe ancora:
kajang pujawai
dove la forma è: kaja nome "sonno" + - ng suffisso "mio" + puja verbo "vivere" + -wai  suffisso terza persona indicativo: "il mio sonno vive".

1.2 Caratteristiche del linguaggio che influenzano la traduzione


a) I componenti di senso sono "confezionati" in unità lessicali, ma nelle diverse lingue sono confezionati diversamente.

Ad esempio, la componente di senso /pluralità/ : in inglese si esprime abbastanza stabilimente con una -s finale, sia per i sostantivi sia per i verbi. In Aguaruna, la pluralità è una componente della radice stessa del verbo, e si usa la radice singolare o la radice plurale a seconda del caso:
tupikanu egli corre; pisaju  essi corrono;

b) Una forma può esprimere diversi significati:

ba) Uno stesso componente di significato può apparire in più unità lessicali a livello di struttura di superfici ("sinonimi"). Questa "suddivisione" non è identica in tutte le lingue

bb) Una medesima forma può essere usata per esprimere diversi significati alternativi. La maggior parte delle parole hanno più significati, di cui alcuni possono essere primari, altri secondari. Questo vale anche per le strutture grammaticali.
Dire "il ragazzo corre" e "l'orologio corre" non fa riferimento a una medesima azione.

bc) Anche frasi intere possono avere diverse funzioni. Una forma interrogativa può essere usata con uno scopo diverso da quello di porre una domanda. "Perché non andiamo a Londra?", può avere il senso di una proposta, mentre "Perché non lavi i piatti?" può avere il senso di un rimprovero.

bd)Anche gli indicatori grammaticali possono avere funzioni primarie e funzioni secondarie. La preposizione da ha un senso e una funzione nella frase "È stato lasciato da sua moglie", e ne ha una opposta nella frase "È andato da sua moglie".

c) Uno stesso significato può essere espresso in più forme:
esempio:

il gatto è nero, il gatto nero..., il gatto che è nero...: diversa forma a seconda della frase;
è occupato questo posto?, c'è qualcuno qui?  Posso sedermi qui? : diversa forma a seconda della situazione

Questa asimmetria o non corrispondenza univoca tra forma e significato è ciò che rende complicato il lavoro di traduzione. Nella traduzione, il medesimo significato può dover esprimersi in un altra lingua secondo una forma del tutto diversa. Tradurre la  forma di una lingua con una forma letteralmente corrispondente in un'altra, può sovente portare a cambiare il significato, o almeno ad esprimersi in un modo non naturale. Quando si traduce, il significato  deve avere la priorità rispetto alla forma. È il significato che bisogna trasferire, non la forma.

Una traduzione che mantiene inalterata la forma si chiama una traduzione "letterale", ed è utile quando si sta studiando la struttura della lingua, come in una traduzione interlineare. Ma una traduzione letterale non comunica il senso di un testo. Normalmente, lo scopo di un traduttore sarà quello di produrre una traduzione idiomatica , cioè un testo che abbia il medesimo significato che nella lingua di partenza, ma che si esprima nella forma naturale della lingua di arrivo.


Ricopio:

"Quando si traduce, il significato deve avere la priorità rispetto alla forma. È il significato che bisogna trasferire, non la forma".

Parto da questa osservazione per far vedere come un traduttore si comporta davanti a Giobbe 31,27.

FASE I:
COMPREHENSIO


Il lavoro del buon traduttore, dopo la prima lettura del testo, incomincia dalla comprensione. È importante che quello che lo scrittore stava dicendo sia chiaro a colui che traduce. Nel caso in cui linguaggio sia strano o difficile o astruso, cosa che può accadere per vari motivi, il traduttore deve comunque fare il possibile per comprendere il senso della frase.

In questo caso il senso della frase non si presta a dubbi. Basterà leggere il contesto del passo che ci interessa:

Giobbe 31, 24-27: Se ho riposto la mia speranza nell'oro e all'oro fino ho detto: «Tu sei la mia fiducia»; se godevo perché grandi erano i miei beni e guadagnava molto la mia mano; se vedendo il sole risplendere e la luna chiara avanzare, si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore e con la mano alla bocca ho mandato un bacio, anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale (CEI).

L'autore quindi sta elencando alcune azioni che sono sgradite agli occhi del Signore.
Il traduttore però si trova davanti ad un'espressione che immediatamente non è comprensibile, quando si parla della bocca e della mano. Che cosa sta dicendo l'autore?

Osea 13:2 "Tuttavia continuano a peccare e con il loro argento si sono fatti statue fuse [...] e mandano baci ai vitelli".

Siccome qui l'oggetto dell'adorazione sono il sole e la luna, corpi celesti irraggiungibili, il bacio veniva dato alla mano, e poi la mano lo "lanciava" verso il cielo. Un gesto comune ancora oggi. La conferma di questo gesto l'abbiamo anche da testimonianze letterarie ed archeologiche. Una bella statuetta di bronzo e oro da Larsa, rappresenta un uomo in atto di adorazione con la mano vicino alla bocca, nell'atto di allungare la mano verso l'oggetto della sua adorazione.



Museo del Louvre, Parigi

Cfr. S. Langdon, Gesture in Sumerian and Babylonian Prayer, JRAS (1919) 531-555
E. Dhorme, Les religions de Babylone et d'Assyrie, 1949, 247 ss.
R. Dussaud, Les religions des Hittites et des Hourrites, des Phéniciens et des Syriens (1949) p. 383 ss.
B. Meissner, Der Kuss im alten Orient, che ha studiato il bacio in Oriente, ci dà molte notizie interessanti a questo proposito.

Ora il traduttore avrebbe ben chiaro nella sua mente che cosa intende dire l'autore: il gesto di cui si sta parlando è un portare la mano alla bocca per poi allontanarla lanciando un bacio verso l'oggetto dell'adorazione. Anche se una interpretazione diversa non va preclusa, come vedremo.

FASE II:
ANALYSIS


Il passo di cui stiamo parlando è composto fondamentalmente da tre parti: due sostantivi e un verbo.
I due sostantivi sono "mano" (yād, femminile) e "bocca" (peh, maschile), il verbo è nāshaq, forma qual, imperfetto, femm. sing.

La particolarità di questo verbo che utilizza il dativo ci complica le cose, perché non ci permette di sapere se il lamed che precede il sostantivo "bocca" in questo caso indica semplicemente un complemento oggetto o se ha voluto mantenere anche un suo significato specifico.
La particella lamed, infatti, ha una vasta gamma di significati di per sé. Per comodità copio nell'ordine quelli che dà un dizionario (semplificando): "a, per, in riferimento a, verso, vicino, davanti, in, riguardo, secondo a, dopo".

Riassumiamo quello che dice il testo:

la mia mano / ha baciato - ha toccato lievemente - ha toccato da vicino - ha fatto combaciare - ha messo a stretto contatto / a - per - in riferimento a - verso - vicino - davanti - in - riguardo - secondo a - dopo / (la) mia bocca.

Si sommano alcune difficoltà: il fatto che il verbo possa indicare il suo complemento oggetto in due modi diversi, la necessità di scegliere un significato o una funzione per il lamed, l'espressione in ogni caso inconsueta.

A questo punto che cosa fa il traduttore?

Una traduzione univoca non c'è. Qualcuno ha posto l'attenzione proprio sul lamed dando un significato che si avvicina molto al nostro "da". La grammatica di P. Jouon (Grammaire de l'Hebreu biblique, Roma, 1965) in proposito del lamed dice: "A causa dell'estrema varietà dei suoi sensi, il lamed ha sovente un valore assai vago" (p. 405).

Nel momento in cui si deve tradurre questa frase, allora, occorre ragionare su quello che l'autore voleva dire.

Quello che è chiaro è che l'autore ha posto la mano come soggetto. Egli quindi, nel caso in cui il senso del verbo fosse il semplice “baciare”, era interessato a rappresentare questo gesto dal punto di vista della mano: mano che si avvicina alla bocca e poi nuovamente si allontana "lanciando" verso il cielo. La bocca è nominata, per far capire che questa mano si è avvicinata alla bocca.

Tradurre "la mia mano ha baciato la mia bocca" significa semplicemente trasportare ognuna delle parole, scegliendo di essi il significato primo o quello più comodo, senza far capire nulla. L'italiano, come anche altre lingue non semitiche in cui è stata tradotta questa frase, non permette di formulare una frase del genere. La frase è strana. Il soggetto della frase è la mano. Il verbo ha una gamma di significati che possiamo per adesso ridurre per comodità al termine "baciare". La bocca non ha funzione di soggetto.

Ora, l'ebraico non è una lingua flessiva alla moda del greco e del latino, e non possiede casi che identifichino chiaramente l'ordine delle parole nella frase. Come in italiano, la posizione all'interno della frase e la presenza di preposizioni fanno la funzione dei casi. Per comodità, comunque, si suole parlare di genitivo, dativo, accusativo anche per l'ebraico.

Non si tratterà di una flessione del termine, ma di altri segni di identificazione, come la presenza di certe particelle che danno la parola un senso preciso nel complesso del discorso.

La traduzione è sempre il passaggio in un'altra lingua dove il senso di quanto l'autore stava per dire dev'essere conservato. Credere che la traduzione cosiddetta letterale sia in tutti i casi più aderente al testo di una idiomatica, è un grave errore. Questo è uno di quei casi in cui una traduzione letterale (che comunque è sempre una scelta) non è accettabile, se non per comodità di studio, in quanto essa in nessun modo riesce a rendere il senso di quanto si sta descrivendo.


PARTE III:
TRADUCTIO


Ora il traduttore ha due ipotesi su ciò che l'autore voleva dire, ed ha chiari i problemi che il testo presenta.
Egli è quindi obbligato ad operare una scelta, che sarà diversa a seconda di ciò che il traduttore vorrà mettere più in luce.

Ho cercato un po' di traduzioni italiane di questo passo (non aggiungiamo i problemi del passaggio dalle lingue moderne in italiano; è già abbastanza complicato così): sono differenti tra loro, ma seguono tutto il medesimo criterio e sono tutte consapevoli di un fatto: una traduzione come "la mia mano ha baciato la mia bocca", oltre a non avere nessun significato per chi legge, non rende neppure quello che l'autore voleva dire.

Scelta 1: far diventare il soggetto come un complemento oggetto.

Bibbia concordata: "e la mia bocca ha baciato la mia mano"
Bibbia ebraica del rabbino D. Disegni: "e la mia bocca pose un bacio sulla mano"
Nuova riveduta: "la mia bocca ha posato un bacio sulla mano"
Nuova Diodati: "la mia bocca ha baciato la mia mano"

In questo mondo ci si allontana poco dal testo, non si aggiungono espressioni eterogenee, si fa capire qualche cosa: che le labbra toccano la mano della persona.

Scelta 2: modificare la struttura ebraica della frase senza allontanarsi troppo da essa.

CEI: "e con la mano alla bocca ho mandato un bacio"
Paoline 1995: "e con la mano alla bocca ho mandato un bacio"
Paoline 1968: "e mandai i baci con la mano alla bocca"
Pontificio Istituto Biblico: "baciai colla mano alla bocca"
Nardoni: "baciai colla mano alla bocca"

Scelta 3: cercare una frase che renda bene il senso, a dispetto della lettera, rendendo i termini in una maniera ancora più intelligibile:

Ravasi: "lanciare un bacio con la mano"

La prima traduzione è quella meno lontana dal testo, ma meno chiara per il lettore. Perché quest'uomo si bacia la mano? E poi il movimento della mano passa in secondo piano.

La seconda traduzione è una via di mezzo. La mano riprende la sua funzione importante e viene descritta vicino alla bocca, e il lettore capisce che mettere la mano vicino alla bocca per mandare un bacio è un gesto ben preciso.

La terza traduzione è quella più comprensibile: tutti capiscono che l'uomo ha avvicinato la mano alla bocca, e ha mandato, lanciato un bacio con la mano in direzione della luna.

Queste sono le Bibbie italiane che ho potuto consultare. Sicuramente nessuna ha mai pensato di usare un'espressione del tipo "la mia mano ha baciato la mia bocca", perché in italiano il verbo baciare ha un significato ben preciso che non riproduce assolutamente quello del verbo ebraico, e presume un gesto fatto colle labbra, quindi diventa erroneo il suo utilizzo.

Se si volesse si potrebbero studiare altre versioni, sfruttando i diversi significati che i termini hanno e esplorando tutte le possibilità che quel tipo di costruzione ci permette di sfruttare.

"La mia mano si è avvicinata alla mia bocca"
"la mia mano ha sfiorato la mia bocca"
"la mia mano si è messa a stretto contatto con la mia bocca"

L'unica cosa chiara è che il semita poteva costruire una frase di quel tipo, ma noi non possiamo passarla in una lingua occidentale senza che se ne perda qualcosa, a meno di non voler fare qualche tipo di parafrasi.

Di questo si sono resi conto tutti i traduttori italiani che ho potuto consultare. La stessa alternanza di rese in alcune versioni inglesi:

NKJV And my mouth has kissed my hand;
NASB And my hand threw a kiss from my mouth;
RSV and my mouth has kissed my hand;
Webster's or my mouth hath kissed my hand;
Darby's so that my mouth kissed my hand;
ASV And my mouth hath kissed my hand;
HNV My hand threw a kiss from my mouth.

Solo una traduzione inglese si comporta come la TNM: la "Literal" dello Young. Young ha voluto rendere sempre letteralmente tutto. Questo lo ha obbligato giustamente a scegliere una traduzione che non rispettasse il senso nella lingua di arrivo ma che servisse a rendere pedestremente il testo ebraico. Dovendo scegliere tra le tante possibilità, ha scelto la via più semplice: And my hand doth kiss my mouth.

Ma non si tratta quindi una traduzione della Bibbia per uso comune, ma di uno strumento per la lettura: "This translation was not meant to compete with the Common Version, but to be used as an auxiliary to it".

Passando ad altre lingue:

LBA y mi mano tiró un beso de mi boca,
RVA mi boca les envió un beso con la mano,
SRV mi boca besó mi mano,
LSG ma main s'est portée sur ma bouche,
DRB ma bouche ait baisé ma main,
NEG ma main s'est portée sur ma bouche;

Come si sono comportati gli antichi traduttori?

La Vetus Latina traduce: osculatus sum manum meam ore meo, ponens ad os meum (ho baciato la mia mano con la mia bocca, ponendo(la) alla bocca).

Girolamo traduce: osculatus sum manum meam ore meo (ho baciato la mia mano con la mia bocca)

Gli Ebrei che hanno tradotto in greco, nei LXX, hanno reso: kai cheira mou epitheis epi stomati mou ephilesa(baciai mettendo la mia mano davanti alla mia bocca).

Ma esiste anche un’altra scelta, che la filologia moderna ci propone: accettare il significato del verbo come “suggellare”, e tradurre: “La mia mano ha chiuso la mia bocca”, cioè ha suggellato le labbra in modo da creare un religioso silenzio. Forse è questa la soluzione, che risolve del tutto le difficoltà sopra lamentate?

In conclusione: una resa diretta di questa frase è molto difficile, a causa della costruzione e dell'incertezza riguardo alla resa di alcune parti. Il traduttore, nella necessità di dover dare un testo intelligibile, è costretto a rendere l'espressione in una maniera che può non riprodurre perfettamente la grammatica ebraica. Questo è un procedimento normale, perché rendere la grammatica ebraica sempre e comunque vuol dire fare errori nella lingua di arrivo.

Per quanto riguarda la TNM, probabilmente qualcuno davanti alla difficoltà del testo ha pensato che prendere da una traduzione interlineare come quella dello Young potesse essere una soluzione. Ma non si sono posti il problema di rendere un testo comprensibile, né si sono preoccupati di andare a vedere tutti i problemi che quest'espressione genera, il che non permette comunque di creare nessuna traduzione "letterale" inattaccabile.

Invece di fare come tutti i traduttori antichi e moderni, che hanno posto l'attenzione su quello che l'autore aveva intenzione di dire e non sulla grammatica ebraica, essi si sono attenuti ad una versione letterale che non fa significato.

Questo sarebbe accettabile se la TNM fosse una traduzione letterale: allora si potrebbe capire la necessità di dare comunque un testo che non può essere comprensibile. Ma dalla Prefazione leggo: "Si è compiuto uno sforzo per rendere la traduzione la più letterale possibile laddove l'italiano moderno lo permette e quando la versione letterale non risulta incomprensibile a motivo di qualche espressione strana". "La mano bacia la bocca" mi sembra più che strana.

In compenso Mt 5:3 "beati i poveri di spirito" è stato reso "Felici quelli che si rendono conto del loro bisogno spirituale". Qui in verità non c'era bisogno di allontanarsi così tanto dal testo, perché si capiva anche così com'era. La regola esposta mi pare infranta in entrambi i casi.

La TNM non è letterale. Quindi scusare una traduzione incomprensibile dicendo che ci si vuole tenere al testo, quando altrove abbondano gli allontanamenti anche quando non così necessari, è un escamotage. Che mi si risponda che il criterio non è unico, semplicemente peggiora la situazione: fare un lavoro di traduzione ove ad ogni versetto cambia criterio, è fare un lavoro inutile.

In questo caso la spiegazione mi sembra molto più semplice: chi ha fatto questa "traduzione" ha lavorato diversamente a seconda del caso, creando un testo disomogeneo. Qui, si mantiene un testo letterale (ma non per questo fedele), altrove questa pretesa fedeltà al testo viene completamente dimenticata per scrivere cose di questo tipo:

Mt. 27,52 TNM E le tombe commemorative si aprirono e molti corpi dei santi che si erano addormentati furono levati (e delle persone, uscendo di mezzo alle tombe commemorative dopo che egli era stato levato, entrarono nella città santa) e divennero visibili a molti.

A parte l’italiano illeggibile, vediamo il greco:

kai ta mnêmeia aneôichthêsan kai polla sômata tôn kekoimêmenôn hagiôn êgerthêsan, kai exelthontes ek tôn mnêmeiôn meta tên egersin autou eisêlthon eis tên hagian polin kai enefanisthêsan pollois.

E le tombe si aprirono e molti corpi di santi addormentati furono destati, e uscendo dalle tombe dopo la risurrezione di lui (di Cristo) entrarono nella città santa e apparvero a molti.

Traduzione alterata.

Rendere mnemeion con "tomba commemorativa" è certamente il tentativo di ricondurre mnemeion a mneme (ricordo). Ma in questo caso significa semplicemente tomba, monumento, urna sepolcrale. Non c'è bisogno di pensare a monumenti.

Poi si introduce un soggetto che non esiste: le persone che escono di mezzo alle tombe (uscire di mezzo a qualche cosa è una forma ben strana). È un modo per cercar di non far dire al testo che le persone morte apparvero alla folla dopo essere state risuscitate.

La frase è strana. Il soggetto della frase è la mano. Il verbo ha una gamma di significati che possiamo per adesso ridurre per comodità al termine "baciare". La bocca non ha funzione di soggetto.

Ora, l'ebraico non è una lingua flessiva alla moda del greco e del latino, e non possiede casi che identifichino chiaramente l'ordine delle parole nella frase. Come in italiano, la posizione all'interno della frase e la presenza di preposizioni fanno la funzione dei casi. Per comodità, comunque, si suole parlare di genitivo, dativo, accusativo anche per l'ebraico. Non si tratterà di una flessione del termine, ma di altri segni di identificazione, come la presenza di certe particelle che danno la parola un senso preciso nel complesso del discorso.

1 Pietro 1,10-11: Circa questa salvezza una diligente investigazione e un'attenta ricerca furono fatte dai profeti che profetizzarono intorno all'immeritata benignità a voi riservata. Essi continuarono a investigare quale particolare periodo di tempo o quale sorta di [periodo di tempo] lo spirito che era in loro indicasse circa Cristo, quando rendeva anticipatamente testimonianza delle sofferenze per Cristo e delle glorie che le avrebbero seguite.

Dopo essersi ripresi da questo italiano terribile, si veda il greco:

Peri hês sôtêrias exezêtêsan kai exêraunêsan profêtai hoi peri tês eis humas charitos profêteusantes, eraunôntes eis tina ê poion kairon edêlou to en autois pneuma Christou promarturomenon ta eis Christon pathêmata kai tas meta tauta doxas.

Intorno a questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti che profetizzarono sulla grazia (destinata) a voi, cercando di indagare a quale o che genere di momento faceva riferimento lo Spirito di Cristo che era in loro, il quale attestava in precedenza le sofferenze per Cristo e le glorie dopo di esse.

Qui "indagare e scrutare" diventano i farraginosi "fare una diligente investigazione e un'attenta ricerca". Ma soprattutto lo "lo spirito di Cristo che era in loro" diventa solo "lo spirito che era in loro".

Non conosco la dottrina geovista su questo punto, ma immagino che non fosse possibile dire che lo spirito di Cristo fosse nei fedeli suoi seguaci. Traduzione alterata.

Mc 2,26 Come entrò nella casa di Dio, secondo il racconto relativo ad Abiatar, capo sacerdote, e mangiò i pani di presentazione

Greco: pôs eisêlthen eis ton oikon tou theou epi Abiathar archiereôs kai tous artous tês protheseôs efagen, hous ouk exestin fagein ei mê tous hiereis, kai edôken kai tois sun autôi ousin?

Come entrò nella casa di Dio mentre Abiatàr era sommo sacerdote e mangiò i pani della presentazione

Non so da dove esca "secondo il racconto relativo ad Abiatar, capo sacerdote". Esce sicuramente dalla volontà di correggere un'imprecisione dell'evangelista che ricorda male un passo dell'AT.

In questo caso cambiare le parole non è visto male, anzi. Traduzione alterata.

Nel frattempo ho dato un'occhiata ad altri passi dello stesso libro di Giobbe, in alcuni dei quali la TNM non traduce seguendo il testo alla lettera, anche quando avrebbe potuto farlo, e sceglie traduzioni idiomatiche (talora erronee, talora corrette e molto simili a quelle delle traduzioni italiane altrove criticate), cosa che non fa con la mano e la bocca:

1,8: TNM Hai rivolto il cuore al mio servitore Giobbe
Ebraico: Hai posto il cuore su Giobbe mio servo
(rivolgere non è porre, se si vuole essere fedeli alla lettera)

4,16: TNM Ci fu calma, e ora udii una voce:
Ebraico: Silenzio, una voce udii
("ora" e "ci fu" non esistono)

Giobbe  6,4: TNM 1967 I terrori da Dio si dispongono essi stessi contro di me
TNM 1987 I terrori da Dio si dispongono contro di me
Qui nella revisione del 1987 hanno capito che "essi stessi" non serviva a niente. Da ove arrivava? Credo proprio da "themselves" inglese... come in Young (errors of God array themselves for me)

8,9 TNM Poiché noi fummo solo ieri
Ebraico: Poiché ieri noi ("fummo solo" manca. Qui si sente necessità di dire una cosa sensata, anche aggiungendo due parole. Meglio sarebbe stato "noi siamo solo di ieri")

12,4 TNM Io divengo oggetto di risa per il prossimo,
Ebraico: Scherno al suo amico io divengo (il "prossimo" è diverso dall'amico, dall'altro, dal vicino, e ha connotazione morale; "suo" manca)

12,6: Le tende degli spogliatori sono senza preoccupazioni
Ebraico: Son tranquille le tende dei (per i) predatori
(gli spogliatori sarebbero persone che spogliano? Per me sono solo la mal traduzione dell'inglese "despoiler" che a casa mia si traduce "saccheggiatore, predatore")

12,25 Essi vanno tastoni nelle tenebre, dove non c'è luce
Ebraico: Tastano tenebre e non luce ("dove non c'è" introduce una determinazione di tempo e un verbo che non ci sono)

14,18 TNM Comunque, un monte stesso, cadendo, scomparirà
Ebraico: Ma un monte cadendo si scoscende (si sgretola, si sfalda) (Qui si da un effetto di scomparsa al posto di quello di frana (effetto al posto del fatto) e c'è il solito "stesso" aggiunto. Cosa è "un monte stesso"?)

16,20 TNM A Dio il mio occhio ha guardato insonne
Ebraico: A Dio lacrima il mio occhio (questa mi sfugge proprio. Mi piacerebbe vedere l'inglese, ma non trovo in internet la TNM americana)

20,4-5 TNM Hai conosciuto tu in ogni tempo questa medesima cosa, da che l'uomo fu posto sulla terra, che il grido di gioia dei malvagi è breve e l'allegrezza dell'apostata è per un momento?
Ebraico: Hai mai saputo tu una tal cosa da antico tempo, da quando l'uomo fu posto sulla terra? Poiché il giubilo dei malvagi [è] di breve durata e la gioia dell'empio [è] per un istante?
("Questa medesima cosa" riferito ad una cosa ancora da nominare, in italiano non ci sta. "In ogni tempo" è una parafrasi. La menzione degli apostati credo sia stata introdotta con uno scopo ben preciso, che non ha a che fare con la fedeltà letterale).

24,5 TNM Ecco, [come] zebre nel deserto
Ebraico: Ecco, asini selvatici nel deserto
(mutamento di bestia)

28,2 TNM Il ferro stesso è preso dalla medesima polvere
Ebraico: Ferro si trae dalla terra
("Stesso, medesimo e proprio" sono una mania geovista. )

29,2 TNM Oh fossi io come nei mesi lunari di molto tempo fa
Ebraico: Chi mi porrà come nei mesi antichi
(fossi io - chi mi porrà. Cambia il soggetto, cosa che per la mano baciante sembrava non potersi fare)

29,7 TNM Quando uscivo alla porta presso la città, nella pubblica piazza preparavo il mio seggio
Ebraico: Quando uscivo per la porta in città, ponevo il mio seggio in piazza "uscire alla porta presso" cosa vuol dire?)

29,12: TNM E l'orfano di padre e chiunque non avesse soccorritore
Ebraico: E l'orfano che non ha chi lo aiuti
(aumentano le persone)

36,32: TNM Nelle sue mani ha coperto il lampo
Ebraico: Veste le mani di folgore

39,12 TNM perché raccolga nella tua aia
Ebraico: perché raccolga la tua aia.
(Metonimia, qui resa dalla TNM cambiando il complemento oggetto con un complemento di luogo. Trasformazione che per la mano baciante non si è fatta)

41,13 TNM La sua stessa anima accende carboni
Ebraico: Il suo alito accende i carboni
(L'anima non credo si presti bene... Poi c'è il solito "stesso". Fosse uno può avere un'anima non "stessa"?)
La frase nella TNM si trova al versetto 21 e non al 13 come nella Stuttgartensia.

Questa mania di tradurre sempre nephesh con anima è una assurdità: porta a fare frasi come:

Is 3,20: le acconciature per il capo e le catenelle dei piedi e le fasce per il petto e le 'case dell'anima' e le tintinnanti conchiglie ornamentali

Al posto di "bende, catenine ai piedi, cinture, boccette di profumi, amuleti" CEI.

Salmi 69,12 Salvami, o Dio, poiché le acque sono giunte fino all'anima.
Sono affondato in profonda melma, dove non c'è suolo su cui stare. Sono entrato in acque fonde, e una corrente stessa mi ha travolto.

Ecco la "corrente stessa" un'altra volta. Ma soprattutto l'acqua è arrivata fino all'anima. Un'acqua insidiosa certamente.

CEI: Salvami, o Dio: l'acqua mi giunge alla gola. Affondo nel fango e non ho sostegno; sono caduto in acque profonde e l'onda mi travolge.

Andrea Nicolotti
www.christianismus.it



 
   
       
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Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo
dei Testimoni di Geova
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