:: DISSENSO E SANZIONI :: L’ostracismo: un’odiosa prassi condizionante
Sintesi dell’intervento di Achille Aveta alla conferenza Fecris di Varsavia, il 7 maggio 2011 “Non mi spaventano le urla dei cattivi, mi spaventa il silenzio dei buoni” (M. L. King) Non è raro leggere testimonianze di chi descrive il Movimento [1] dei Testimoni di Geova come un sistema caratterizzato da integralismo [2] e dall’attitudine a condizionare in modo totalizzante la vita privata e sociale degli aderenti. Su quali elementi si basano queste valutazioni? L’estremismo promosso dall’ideologia del Movimento geovista tende a comprimere la libertà religiosa degli stessi Testimoni di Geova, provocando restrizioni di vario genere; la limitazione più preoccupante consiste nel bassissimo livello di tolleranza per le idee e le opinioni contrarie a quelle sostenute dalla leadership del Movimento (intolleranza che si rivolge sia a chi vive all’interno del gruppo sia a chi, dall’esterno, esprime critiche argomentate). Qual è l’atteggiamento della leadership nei confronti dei Testimoni di Geova che esprimono un motivato dissenso sull’ideologia e che, per questo dissenso, subiscono misure disciplinari da parte degli organismi “giudiziari” del Movimento? Ebbene, notate quanto è scritto nell’organo ufficiale dei Testimoni di Geova – il periodico La Torre di Guardia – nell’edizione del 15 gennaio 1954, pag. 62: «Noi oggi non viviamo fra nazioni teocratiche in cui i membri della nostra famiglia carnale potrebbero essere sterminati da Dio e dalla sua organizzazione teocratica per apostasia, come era possibile ed era ordinato di fare nella nazione d’Israele … possiamo agire contro gli apostati soltanto fino ad un certo punto …». Gli integralisti sottomettono la politica e le leggi dello Stato ai precetti della religione, quest’atteggiamento, portato alle sue estreme conseguenze, si traduce nell'instaurazione di una “teocrazia”. L’integralista religioso è assertore della teocrazia nel senso che il “diritto religioso” inquadra ogni attività umana; in altre parole, poiché le norme religiose sono il solo elemento certo della verità etica e sociale, esse dovrebbero funzionare come base anche per la “politica”. Il principio al quale il Movimento geovista fa riferimento nei propri rapporti con le Autorità costituite è definito “strategia della guerra teocratica”. In altri termini, quando si tratta di tutelare un proprio interesse, il Movimento ritiene pienamente giustificato il ricorso alla menzogna davanti alle autorità della Pubblica Amministrazione, nei tribunali e in altre circostanze. Quest’atteggiamento è sistematicamente promosso tra gli associati; infatti, è opinione ufficiale dei Testimoni che "è appropriato non far conoscere la verità a chi non ha il diritto di conoscerla" [3]; “Dobbiamo dire la verità a chi ha diritto di sapere, ma se non ne ha diritto possiamo essere evasivi” [4]. Poiché ritiene di essere destinataria di “rivelazioni divine”, la leadership del Movimento geovista pensa di detenere l’unica verità, proveniente da Dio, riguardo all’uomo e al mondo; perciò i leader pretendono di fondare i propri insegnamenti su ordini divini non negoziabili. Pertanto, essi si aspettano di essere ascoltati e ubbiditi in tutti i campi dell’esistenza umana. Sulla base di questa pretesa, la leadership non concede agli affiliati il pieno esercizio della libertà di coscienza e delle conseguenti responsabilità individuali, pretendendo che essi seguano docilmente quanto viene detto loro di pensare e fare; gli affiliati non possono permettersi di avere un parere discorde dalle direttive impartite né possono mettere in discussione la competenza della leadership. In questa prospettiva religiosa la volontà di Dio è quella espressa dai suoi “profeti moderni” (i leader del Movimento). Purtroppo, chi si pone in questa ottica dimentica che la verità religiosa non è mai qualcosa che persone o istituzioni possano “possedere”; anzi quando qualcuno pensa di “padroneggiare” la verità, quest’ultima diventa una potenziale fonte di violenza (verbale o fisica che sia). Invece, ogni riferimento alla verità, dovrebbe sempre essere nell’ordine di una ricerca mai finita, quindi deve essere modesta. Poiché per il credente Dio soltanto “è” la verità, non le parole umane, né i concetti relativi alla divinità, ciò che possiamo dire su Dio può essere “vero” nel senso che si dice qualche cosa che mira al giusto, ma ciò non è mai esaustivo, non è mai “esatto”, perché Dio supera infinitamente le parole che possiamo dire, i pensieri che possiamo formulare su di Lui. Un contesto totalitario e totalizzante è necessario quando la libera discussione è considerata eresia o errore. La verità non ha timore di confrontarsi con l'errore. La dignità e la validità che appartengono alla verità possono ricavare solo vantaggio dal confronto. I ragionamenti fragili, gli insegnamenti inconsistenti non hanno invece alcun fondamento e, pertanto, bisogna difenderli da chi vuol metterne alla prova la validità. Il Diavolo è padrone del “mondo”. Questo assioma svolge la funzione di tenere i Testimoni di Geova al riparo da ogni "contaminazione" esterna. Un'atmosfera del genere non serve per sostenere ragionamenti e insegnamenti edificati su basi solide. Questo atteggiamento di “vedere il Diavolo dappertutto” produce diverse conseguenze: - conduce all’ostracismo; Subire l’ostracismo significa essere esclusi, respinti e ignorati. Una volta etichettato l’autore di critiche motivate come “apostata”, la propaganda del Movimento geovista ha buon gioco nel promuovere, anche contro costui, esplicite esortazioni all’odio: «Se una persona continua a seguire una via malvagia [come chi esercita una motivata critica senza poi "pentirsi"] dopo aver conosciuto ciò che è giusto, se il male diventa così radicato in lei da divenirne una parte inscindibile, per odiare il male il cristiano [cioè il Testimone di Geova] deve odiare tale persona di cui il male è divenuto una parte inscindibile» (La Torre di Guardia del 1° gennaio 1962, pag. 4, parentesi aggiunte). L’esclusione (disassociazione o dissociazione che sia) diventa un efficace mezzo di controllo delle coscienze; infatti, La Torre di Guardia del 15 luglio 1992 stabilisce: «L’obbligo di odiare l’illegalità riguarda anche tutte le attività degli apostati» (pag. 12); e, definendo il concetto di odio, precisa: «il significato di odiare … racchiude il concetto di provare un tale senso di ripugnanza o forte avversione per qualcuno o qualcosa da non voler avere nulla a che fare con quella persona o cosa» (pag. 9). In effetti il sistema sociale dei Testimoni di Geova è un mondo nel quale l’amore e l’odio non assumono lo stesso significato comunemente attribuito. Chi agisce motivato da odio religioso è più propenso a manifestare intolleranza religiosa; gli integralisti motivati dall’odio religioso violano il fondamentale diritto umano della libertà di espressione e di religione, che consente la critica delle convinzioni e delle pratiche religiose. Il problema dell’ostracismo conseguente alla disassociazione Uno dei più rigidi provvedimenti attuati dal Movimento geovista è la disassociazione (o espulsione). Pur riconoscendo che la disassociazione è un efficace metodo per garantire il conformismo a divieti complessivamente benefici, come il controllo di promiscuità sessuale, eccessi nel bere e uso di droghe, menzogna e truffa, essa presenta aspetti di elevata nocività quando la si adopera alla maniera dei Testimoni di Geova. Infatti, la disassociazione può essere uno strumento molto efficace di controllo sociale, ma il Movimento ne fa un grossolano abuso quando collega a tale provvedimento disciplinare l’odiosa prassi dell’ostracismo. In questa prospettiva la disassociazione, più che un’appropriata disciplina, appare come uno strumento di potere sugli affiliati. Infatti, i Testimoni di Geova sono tenuti ad attenersi alla presunzione di fondo che, «se qualcuno è disassociato [espulso], allora deve aver avuto un cuore veramente cattivo e/o dev’essere stato deciso a perseguire una condotta che disonora Dio» (citazione da La Torre di Guardia del 15 giugno 1983, pag. 31). In realtà, si viene espulsi dal Movimento geovista per svariati motivi: per aver dissentito sulle interpretazioni della leadership riguardo a questioni come accettare una trasfusione di sangue a beneficio del proprio figlio minorenne, per voler festeggiare un compleanno, per il vizio del fumo, per aver criticato la strategia di riscrittura della propria storia attuata dai vertici del Movimento, per aver contestato qualcuna delle mutevoli “rivelazioni” di cui il Direttivo mondiale ritiene di essere destinatario. Talvolta accade di subire un vero e proprio “processo alle intenzioni” (si veda il manuale riservato “KS 91” [5], pag. 140). Perciò, non c'è paese della Terra dove i Testimoni di Geova in disaccordo con alcune dottrine e pratiche della leadership del Movimento non vivano in un continuo stato di ansia e di paura, poiché sanno che ciò che dicono, che fanno, che leggono può essere controllato, così come le loro compagnie [6]. Non si sentono completamente liberi nemmeno quando stanno assieme ai loro amici o a parenti stretti, se questi sono Testimoni. Io stesso ho ricevuto telefonate da persone che si sono nascoste dietro un nome falso per non correre il rischio che i loro contatti con me o con altri ex Testimoni potessero venire scoperti. Essi sono come in "ostaggio", a causa del potere che ha l’ostracismo promosso dal Movimento di estrometterli da ogni contatto con la famiglia o con gli amici, che a loro volta ne subiscono l’influsso [7]. Quindi, è abbastanza evidente che non è un dato pacificamente garantito l’esercizio del diritto di critica da parte degli affiliati su quanto proposto dai dirigenti del Movimento geovista. Uomini e donne, che amano sinceramente Dio e che in tutta coscienza non sono d'accordo con alcuni insegnamenti del Movimento, sono stati “derubati” del posto che spetta loro fra gli amici e i conoscenti, sono stati privati del loro buon nome e della loro reputazione, del rispetto e dell'affetto che avevano guadagnato nel corso di un'intera vita, e sono perfino stati allontanati dai loro familiari. Donne e uomini sinceri e inoffensivi, che pensavano solo di agire secondo coscienza, sono stati sottoposti a un vero e proprio “linciaggio morale”, che li ha resi come morti spiritualmente agli occhi di chi li conosceva. Migliaia di persone sanno bene che esprimere dissenso, anche in modo rispettoso, o discutere di qualsiasi soggetto, esprimendo opinioni diverse da quelle promosse dalla leadership del Movimento, anche in private conversazioni con intimi amici, significa dare l'immediato avvio a un'indagine e a una convocazione davanti a un “comitato giudiziario”. Perché? Poiché facendo così, intorno all'individuo che pone domande scomode sulla storia e sulle dottrine del Movimento viene fatta "terra bruciata" dagli altri membri. Non vi è alcun pericolo che gli altri parlino con lui su argomenti dei quali la leadership non desidera assolutamente che si parli. Tutto questo viene giustificato dalle "leggi" del gruppo. Solo per fare un esempio, Edward Dunlap, dopo più di cinquant'anni di militanza - la maggior parte dei quali trascorsi nella sede mondiale del Movimento a Brooklyn (tra l’altro, per diversi anni fu preside della Scuola Missionaria geovista di Galaad) - fu, sostanzialmente, "gettato in mezzo a una strada" all'età di oltre settant'anni, dopo essere stato disassociato perché, conversando con alcuni amici, aveva espresso delle opinioni non conformi agli insegnamenti del Movimento. Tornato nella sua città natale, Oklahoma City, riprese il suo vecchio lavoro di pittore d'appartamenti assieme a suo fratello Marion. Cosa accadde in seguito? Marion Dunlap era in quel tempo "sorvegliante di città" delle congregazioni di Oklahoma City. Anche lui era Testimone da quasi cinquant'anni ed era sempre stato molto attivo nella propaganda a favore del Movimento. Ebbene, per aver ospitato il suo anziano fratello e avergli provveduto un lavoro, fu anche lui inquisito e infine disassociato. Un altro Testimone di Geova, professore all'università statale dell’Oklahoma, offrì a Edward Dunlap la possibilità di tenere dei corsi presso la sua facoltà, convinto che fosse un peccato che un uomo con le capacità d'insegnamento di Edward non le mettesse a profitto. Per questo anche il professore fu convocato dagli "anziani" e ben presto disassociato. La questione dell’Intesa I Testimoni di Geova sono liberi di espellere e ostracizzare chi vogliono, se ne assumono la piena responsabilità; ma noi ci chiediamo: uno Stato dovrebbe offrire particolare tutela a un Movimento che incalza i suoi adepti affinché si adeguino a disposizioni irrispettose dei fondamentali diritti della persona? Questa domanda è di grande attualità in Italia per il fatto che la 1ª Commissione permanente (Affari Costituzionali) del Senato sta esaminando il disegno di legge n°2237, contenente “Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e la Congregazione cristiana dei testimoni di Geova in Italia”. Con l’eventuale approvazione di tale legge da parte del Parlamento, quale freno si potrebbe invocare al dilagare dell’ostracismo promosso dal Movimento geovista verso chi, al suo interno, dissente e non è “allineato” con le vedute della dirigenza del gruppo? L'Intesa in discussione al Parlamento è qualcosa di più di una semplice tutela di diritti. L’Intesa, infatti, apre delle possibilità di azione e di diffusione e dà una patente di affidabilità di fronte alla coscienza dei cittadini. Quanto meno essa garantisce di fronte a eventuali pericoli che un determinato gruppo possa rappresentare per il bene collettivo. Molti cittadini italiani credono che queste condizioni non valgano nel caso del Movimento geovista. Per esempio, il 1° dicembre 2010 c’è stata una manifestazione nazionale a Roma, davanti alla sede del Parlamento, per chiedere pubblicamente alle Istituzioni statali di valutare con maggiore attenzione, con prudenza e discernimento gli studiati condizionamenti posti in atto dalla “Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova” (ente rappresentativo del Movimento in Italia), prima di stipulare l’Intesa con questo gruppo. In quella occasione i manifestanti hanno ribadito che nessuno intende negare la libertà religiosa, che va garantita a tutti; hanno voluto, invece, richiamare l’attenzione delle Istituzioni e dell’opinione pubblica sull’opportunità di negare un regime di particolare favore al Movimento geovista, che pratica con sistematico rigore l’orrenda prassi dell’ostracismo. Questa conseguenza della misura disciplinare dell’espulsione, infatti, limita la libertà di chi volesse porre fine alla propria adesione al gruppo, inducendo molte persone a restare affiliate a causa dello spauracchio della perdita dei legami affettivi, che deriverebbe dall’abbandono del Movimento. Questa insinuante forma di pressione psicologica è ben diversa dall’esercizio della libertà religiosa, che va garantita a tutti. Conclusione La tutela della reputazione di un’associazione religiosa deve trovare un punto di bilanciamento con i diritti della persona e con altri valori di rango costituzionale (il diritto di critica, la libertà di manifestazione del pensiero, il diritto di cambiare orientamento religioso, la tutela dei diritti inviolabili della persona). Pertanto, al riconoscimento del decoro e dell’onore di un gruppo religioso deve fare riscontro la rigorosa tutela dei diritti delle persone che, anche all’interno di quel gruppo, svolgono un percorso di ricerca di senso dell’esistenza. L’incitamento all’odio religioso interferisce con il nucleo centrale del diritto religioso di valutare, comparare e cambiare convinzioni e pratiche religiose; contrasta con i principi affermati: - dall’art. 18 della Dichiarazione universale di diritti
umani: «Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza
e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione
o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in
pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo...».
La libertà è come un farmaco, capace di guarire problemi sociali come l’estremismo; quindi promuovere la libertà religiosa in tutte le sue manifestazioni è anche una necessità pratica perché offre il miglior rimedio al fanatismo ed è un’importante salvaguardia per la sicurezza della società civile. Ricorrere alla minaccia dell’ostracismo come conseguenza della disassociazione, per intimidire le persone e costringerle a conformarsi a una condotta contraria ai dettami della loro coscienza, o esercitare pressioni perché credano in dottrine che essi ritengono in tutta coscienza contrarie alla Scrittura, è una forma di estorsione spirituale, di ricatto spirituale. Può non essere facile individuare tali condotte e smascherarle così come si fa con il furto e l'omicidio letterali, o la frode e l'estorsione materiali. Tuttavia, esse sono ugualmente immorali e in alcuni casi forse anche peggiori. Achille AVETA Note: [2] L'integralismo religioso (o integrismo religioso) è l’atteggiamento di chi, facendo riferimento a una religione e in particolare ai suoi testi sacri e dogmi, mira ad applicarne i principî nella vita politica, economica e sociale della collettività. L’integralismo religioso ricorre spesso a metodi che hanno un rapporto molto lontano dai “comandamenti” fondanti della religione di riferimento (cristianesimo, ebraismo, islam …). [3] Ausiliario per capire la Bibbia, Roma 1981, pag. 819. [4] La Torre di Guardia del 15 dicembre 1960, pagg. 762-763. [5] Il Libro di testo per la Scuola di Ministero del Regno, Roma 1991; è un manuale pubblicato dal Movimento la cui nota iniziale dice: "una copia di questo libro di testo viene consegnata a ciascun anziano nominato ... Qualora egli cessasse di prestare servizio in tale incarico, dovrà riconsegnare la sua copia del libro al comitato di servizio della congregazione ... Non si devono fare copie di nessuna parte di questa pubblicazione". [6] Nella relazione consegnata per gli Atti della Conferenza vengono citati alcuni esempi a conferma di quanto qui dichiarato. [7] Si riporta di seguito una sintetica rassegna di citazioni dalla letteratura geovista, riguardanti la sistematica prassi di ostracismo adottata anche - anzi soprattutto - contro i critici dell’ideologia. Se il parente espulso non fa parte della stretta cerchia
familiare, "si dovrebbe far comprendere al parente disassociato che ora
le sue visite non sono benvenute come prima" (La Torre di Guardia
del 15 gennaio 1964, pag. 42). Link approfondimenti (inglese) http://griess.st1.at/gsk/fecris/warsaw/Aveta%20EN.pdf |
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