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Il Diluvio, i Testimoni e la scienza

Molti credono che il Diluvio di cui parla la Bibbia sia realmente avvenuto. Oggi le chiese principali sono piuttosto inclini a considerare tale evento un’alluvione di proporzioni particolarmente disastrose che avrebbe coinvolto parte dell’antica Mesopotamia e le zone limitrofe. Il ricordo di tale avvenimento localizzato — e non universale — sarebbe stato tramandato alle generazioni successive e gradualmente si sarebbe trasformato nella storia che la Bibbia e le altre tradizioni antiche hanno conservato.[1]

I Testimoni di Geova (TdG), come molti altri fondamentalisti, sostengono invece che il Diluvio fu universale, nel senso più letterale ed esteso del termine; il testo biblico, infatti, preso alla lettera, parla di un Diluvio di proporzioni cosmiche:

«… Allora Dio disse a Noè: "È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra. Ecco io manderò il Diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla terra perirà… Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; sterminerò dalla terra ogni essere che ho fatto". Il Diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero e sollevarono l’arca che si innalzò sulla terra. Le acque divennero poderose e crebbero molto sopra la terra e l’arca galleggiava sulle acque. Le acque si innalzarono sempre più sopra la terra e coprirono tutti i monti più alti che sono sotto tutto il cielo. Le acque superarono in altezza di quindici cubiti i monti che avevano ricoperto. Perì ogni essere vivente che si muove sulla terra, uccelli, bestiame e fiere e tutti gli esseri che brulicano sulla terra e tutti gli uomini. Ogni essere che ha un alito di vita nelle narici, cioè quanto era sulla terra asciutta morì. Così fu sterminato ogni essere che era sulla terra: con gli uomini, gli animali domestici, i rettili e gli uccelli del cielo; essi furono sterminati dalla terra e rimase solo Noè e chi stava con lui nell’arca ». — Genesi 6,7 La Bibbia di Gerusalemme.

Come rispondere ai numerosi interrogativi che la credenza nell’universalità del Diluvio solleva? Per esempio, da dove è venuta l’acqua che avrebbe coperto "tutti monti più alti", e dove è finita quest’acqua, una volta cessato il Diluvio?
Ecco come rispondono i Testimoni di Geova, in una loro pubblicazione [2]:

«Diluvio. Catastrofica distruzione di uomini e animali avvenuta mediante una pioggia torrenziale nel 2370 a. E.V., ai giorni di Noè. [...] È stato detto che se tutta l’umidità presente nell’atmosfera si trasformasse improvvisamente in pioggia non ne cadrebbero neanche cinque centimetri, se distribuita su tutta la faccia della terra. Da dove venne dunque l’immenso Diluvio noetico? Secondo la narrazione di Genesi, Dio disse a Noè: "Ecco, sto per portare il Diluvio [o "l’oceano celeste"; ebr. mabbùl] di acque sulla terra". (Ge 6:17) … Da dove venne quell’"oceano celeste"? La storia della creazione che troviamo in Genesi dice che [esisteva] una distesa intorno alla terra, e questa distesa (chiamata "Cielo") divideva le acque sotto di essa, cioè gli oceani, dalle acque sopra di essa. (Ge 1:6-8) Le acque sospese sopra la distesa evidentemente rimasero lì … fino al Diluvio.[…] Sono state proposte varie spiegazioni di come l’acqua rimase sospesa fino al Diluvio e di che cosa ne provocò la caduta. Ma sono solo speculazioni. La Bibbia dice semplicemente che Dio fece la distesa con acque sopra di essa e che fu lui a portare il Diluvio. La sua onnipotenza poteva far questo con facilità ».

«Poiché, come dice Genesi, "tutti gli alti monti" furono coperti d’acqua, dov’è ora tutta quell’acqua? Evidentemente proprio qui sulla terra. Si ritiene che un tempo gli oceani fossero più piccoli e i continenti più grandi di quanto non siano adesso, com’è reso evidente da alvei di fiumi che si prolungano sotto gli oceani. Va pure notato che secondo alcuni scienziati in passato i monti erano molto meno alti di ora, e alcune montagne sono persino emerse dal mare. In quanto alla situazione attuale, si dice che "il volume dell’acqua marina è dieci volte superiore a quello delle terre emerse. Scaricate in modo uniforme tutta questa terra nel mare, e due chilometri e mezzo d’acqua coprirebbero tutto il globo". (National Geographic, gennaio 1945, p. 105) Quindi, dopo che le acque del Diluvio erano cadute, ma prima che le montagne si alzassero e il letto del mare si abbassasse, e prima che si formassero ai poli le calotte glaciali, c’era acqua più che sufficiente per coprire "tutti gli alti monti", come dice la testimonianza ispirata. — Ge 7:19 ».

«Con l’improvviso aprirsi delle ‘sorgenti dell’abisso’ e delle "cateratte dei cieli", innumerevoli miliardi di tonnellate d’acqua inondarono la terra. (Ge 7:11) Questo può aver provocato enormi cambiamenti nella superficie della terra. La crosta terrestre è relativamente sottile (con uno spessore, si calcola, che varia da 30 a 160 km), sopra una massa più molle del diametro di migliaia di chilometri. Perciò sotto l’enorme peso dell’acqua probabilmente si verificarono grandi mutamenti nella crosta terrestre. Col tempo sorsero nuove montagne, vecchi monti diventarono più alti, i mari diventarono più profondi, e si formarono nuovi lidi, così che ora circa il 70 per cento della superficie terrestre è coperto d’acqua. Questa trasformazione della crosta terrestre spiega molti fenomeni geologici, come i nuovi livelli raggiunti da vecchie coste. Qualcuno ha calcolato che la sola pressione dell’acqua equivalesse a circa "tre quintali per centimetro quadrato", sufficiente a fossilizzare rapidamente fauna e flora. — Vedi D. Patten, The Biblical Flood and the Ice Epoch, 1966, p. 62».

Dubito molto che qualsiasi ragionamento o argomentazione possa scalfire minimamente le convinzioni dei TdG e dei fondamentalisti in genere; infatti, se il Diluvio è stato un Atto Divino, a Dio ogni cosa è possibile; "la sua onnipotenza poteva far questo con facilità", scrivono i TdG...
In ogni modo credo siano opportune alcune osservazioni in merito al valore "scientifico" delle suddette affermazioni.
I monti prediluviani, come si legge nella succitata pubblicazione, sarebbero stati molto meno elevati degli attuali, ma di quanto fossero meno alti non si sa. Comunque, supponendo che questi "monti" giungessero a 43 m. sopra il livello del mare (un’'altezza' estremamente modesta), in Genesi 7:19,20 si legge che tali 'monti' furono coperti da 15 cubiti (7 metri) d’acqua, per un totale di 50 m.s.l.m. Tutta quest’acqua sarebbe stata sospesa "sopra la distesa" e lì sarebbe rimasta fino al Diluvio; il che significa che sarebbe esistita in quel tempo una pressione terrestre di 6 atm., cioè 5 atm. per l’acqua e 1 atm. per l’aria: totale 6 atm. (1 atm.= 1kg/cm2 e ogni 10 m di acqua in più la pressione aumenta di 1 atm.).
Tutti gli animali che respirano ossigeno avrebbero avuto condizioni di vita impossibili con una pressione atmosferica di 6 atm./bar, perché l’ossigeno, ad una simile pressione, inizia a trasformarsi in un gas tossico. Un altro problema sarebbe sorto per gli uccelli, che sono strutturati per vivere alle attuali pressioni. Sicuramente, se la pressione atmosferica fosse stata così elevata, tutti i volatili non avrebbero la forma attuale, perché altrimenti per loro sarebbe stato impossibile volare;
e questo se ci limitiamo a considerare che le acque del Diluvio abbiano raggiunto un’altezza di soli 50 metri. La pubblicazione dei TdG, tuttavia, parlando di «pressione dell’acqua [equivalente] a circa "tre quintali per centimetro quadrato"», lascia intendere che per i Testimoni la massa acquea — e di conseguenza la pressione atmosferica — potrebbe essere stata enormemente maggiore.

Un’altra difficoltà sarebbe sorta per le specie animali acquatiche: se il mondo fosse stato sommerso completamente dall’acqua, infatti, tutta la massa acquea sarebbe diventata o dolce, o salata, o, nel caso peggiore, salmastra. Se l’acqua fosse diventata dolce, Noè avrebbe dovuto salvare nell’Arca anche tutti i pesci d’acqua salata. Se l’acqua fosse diventata salata, allora Noè avrebbe salvato "solo" i pesci d’acqua dolce. Se fosse diventata salmastra, allora avrebbe dovuto salvare tutti gli esemplari di entrambe le specie! Quindi, o Noè ha portato nell’Arca coppie di tutte le specie di pesci d’acqua dolce, o tutte quelle d’acqua salata, o tutte — proprio tutte — le specie acquatiche esistenti! (Si consideri che il famoso Acquario di Genova, ben più grande dell’Arca di Noè, contiene un infinitesima parte delle specie marine esistenti!).

Se le montagne prediluviane (prima, cioè del 2370 a. C.) fossero state alte come l’Everest, la pressione sarebbe stata 880 volte superiore all’attuale, l’atmosfera sarebbe stata costituita dal 99,9% di vapore acqueo, rendendo impossibile la respirazione.

La quantità d’acqua necessaria a ricoprire l’Everest, sarebbe stata  pari a  4.400.000.000 km3, cioè più di tre volte la quantità (1.370.000.000 km3) di acqua attualmente contenuta negli oceani. Quest'acqua, secondo quanto scrivono i TdG, sarebbe stata sospesa sopra la "distesa", evidentemente sotto forma di vapore acqueo. Dal punto di vista termodinamico, la condensazione di questa immensa massa di vapore acqueo in acqua avrebbe provocato un'innalzamento della temperatura dell'atmosfera a livelli elevatissimi (nota: link esterno)

Non è comunque possibile che la 'montagna' più elevata, al tempo del Diluvio, fosse di 43 m., perché per innalzare tali rilievi da 43 m. all’altezza dell’Everest (oltre 8800 m), si sarebbero dovute manifestare forze talmente catastrofiche che avrebbero reso impossibile la sopravvivenza dello stesso Noè, nonostante l’Arca. [3] Ci vuole una "fede" davvero straordinaria per credere che le catene montuose, come l’Himalaya, e gli abissi oceanici si siano formati dopo il 2370 a.C., anno in cui, secondo i Testimoni di Geova, caddero le acque Diluvio!

Pittura rupestre di Lascaux, in Francia.   
Pitture rupestri di Lascaux, in Francia

Una grande quantità di disegni e pitture rupestri sono state ritrovate in caverne di tutta l’Europa. In questi disegni vengono spesso raffigurati animali ormai estinti, come il mammuth (che, anche secondo i Testimoni, esisteva prima del Diluvio). Solo nella grotta di Lascaux sono disegnati moltissimi mammuth (150 in tutta la caverna). Se davvero, come affermano i TdG, si verificarono ’grandi mutamenti nella crosta terrestre e sorsero nuove montagne, vecchi monti diventarono più alti’, ecc., come hanno potuto queste caverne, con le loro pitture, superare tali immani sconvolgimenti senza riportare alcun danno? Si noti che tali testimonianze di vita antidiluviana, spesso vengono ritrovate nelle stesse località che, secondo la Società Torre di Guardia, avrebbero subito drastici sconvolgimenti in seguito al Diluvio. In queste regioni esistono montagne alte migliaia di metri. Si può anche aggiungere che non si trovano le evidenze archeologiche di una simultanea distruzione, causata da inondazioni contemporanee, nei siti dei più antichi insediamenti. [4]

Mammut ritrovato congelato in Siberia nel 1901.

Questo disegno è tratto da una pubblicazione dei TdG (L’uomo è venuto per mezzo della creazione o per mezzo dell’evoluzione?, p.106). La didascalia dice: «Questo mammut, scoperto dagli scavatori in Siberia, fu solidamente congelato migliaia di anni fa nella posizione da seduto per l’inabissarsi di detriti ghiacciati. Nella bocca e nello stomaco era ancora la vegetazione. Quando fu disgelata, la sua carne era ancora commestibile».

Nel corso dei secoli sono state scoperte in Siberia decine di migliaia di ossa e cinque mammuth interi (congelati e con la carne intatta). Secondo i Testimoni di Geova questi resti costituirebbero una prova che una grande catastrofe, associata ad un improvviso cambiamento climatico, avrebbe colto di sorpresa branchi di mammuth, distruggendone la maggioranza e congelandone altri, in maniera talmente repentina da impedirne la decomposizione.
Ma non c’è alcun motivo di credere che le ossa ritrovate risalgano tutte ad un decesso avvenuto nello stesso momento. Potrebbero essere i resti di generazioni di animali e non di un singolo branco. In realtà, anche le carni del mammuth meglio conservato, nonostante i TdG affermino il contrario, avevano iniziato a decomporsi, prima di congelarsi.[5] Ciò indica che dopo la morte il mammuth si è congelato attraverso un processo normale e graduale. Non si è trattato di un "rapido congelamento" dovuto a una corrente di aria gelida provocata dall’improvviso cambiamento da un clima temperato a uno polare.
Ci si potrebbe anche chiedere come mai, fra tutti questi resti di mammuth congelati, non siano stati trovati anche dei resti umani. Infatti, un cataclisma capace di spazzare via contemporaneamente decine di migliaia di mammuth lanosi in un solo colpo, avrebbe dovuto coinvolgere anche gli esseri umani delle caverne che li cacciavano. Non si è trovato invece alcun resto umano in questi depositi di ossa. A proposito poi dell’idea che vi sia stato un radicale ed immediato cambiamento di clima, se prima del Diluvio il clima era mite e temperato, come mai tutti gli animali ritrovati in Siberia appartenevano alle specie tipiche dei climi freddi? Oltre ai mammuth, ricoperti di lana fitta e spessa, gli altri animali trovati accanto a loro appartenevano a specie tipiche dei climi freddi, come il mastodonte, l’alce, il cervo, l’orso, il bue mischiato, lo yak, il bisonte e il lupo, solo per fare alcuni nomi. Parlando di questi resti, il libro Perspicacia (ed. 1990, p.695) afferma: «Alcuni hanno additato [tali resti] come una prova tangibile di un rapido cambiamento di clima e di una distruzione improvvisa causata da un diluvio universale. Altri invece propendono per spiegazioni della morte di questi animali che non richiedono una catastrofe mondiale». Mentre nel libro da cui è tratto il disegno su riportato (ed. 1967) si affermava che tali resti erano una prova convincente dell’universalità del Diluvio, in questa più recente pubblicazione la Società Torre di Guardia fa questa sorprendente dichiarazione: «La prova che c’è stato il Diluvio non dipende da questi fossili e dai resti di animali congelati».

Le tradizioni del Diluvio

Un’altra delle prove addotte da chi crede nella storicità del Diluvio è l’universalità dei racconti presenti fra popoli e culture diverse in tutto il globo.[6] «Storie del Diluvio sono state scoperte presso quasi tutte le nazioni e tribù. Benché siano più comuni nell’Asia continentale, nelle isole immediatamente a sud di essa e nel continente nordamericano, si trovano in tutti i continenti. Complessivamente le storie conosciute sono ben 270 circa . . . L’universalità dei racconti del Diluvio di solito è ritenuta una prova della distruzione universale dell’umanità mediante un Diluvio e della propagazione del genere umano da un’unica località e anche da un’unica famiglia. Anche se forse non tutte le tradizioni si riferiscono allo stesso Diluvio, la grande maggioranza evidentemente sì. L’asserzione che molte di queste storie del Diluvio derivino dai contatti con missionari non regge perché in gran parte sono state raccolte da antropologi a cui non interessava dimostrare la veracità della Bibbia ». [7] Si noti l’osservazione che alcune di queste storie potrebbero essere il risultato di "contaminazioni" culturali. W.H.Stiebing Jr, nel suo libro Antichi Astronauti, sostiene a questo proposito che "in molti casi l’influenza diretta del racconto biblico di Noè non può essere del tutto scartata" e attribuisce all’opera dei missionari cristiani la nascita di tali "tradizioni". Per esempio, il racconto hawaiano di un Diluvio a cui erano sopravvissuti un uomo chiamato Nuu e la sua famiglia sembra essere parallelo alla storia biblica. Ma questa leggenda "nativa" fu raccolta molto tempo dopo che i missionari avevano svolto opera di evangelizzazione nelle isole Hawaii. Pur avendo avuto origine dalla storia biblica di Noè, la storia presenta una colorazione ed un’ambientazione tipicamente locali.[8] Un’altra ipotesi è che tali storie "universali" siano nate in seguito a quelle che sono in effetti fenomeni geologici universali, cioè le alluvioni: "Tali miti possono essere sorti in seguito ad inondazioni locali causate da normali attività geologiche e meteorologiche". In effetti, molte storie di alluvioni riflettono le condizioni geografiche locali, come straripamento di fiumi, uragani, maremoti, attività vulcanica e terremoti che hanno ben poco a che vedere con la storia biblica. Comunque, non tutte le culture che hanno tramandato questi racconti erano stanziate in luoghi soggetti ad alluvioni. È vero però che in molte aree del pianeta, in cui le alluvioni sono fenomeni rari od assenti, non esistono leggende sul Diluvio. Quando si eliminano le leggende che possono essere state influenzate dai racconti biblici e mesopotamici, i racconti che rimangono mostrano poche somiglianze con la storia di Noè e perfino l’uno con l’altro. Essi non sono necessariamente varianti di un unico Diluvio, né devono derivare tutti da una precedente tradizione.[9] In ogni caso, la diffusione planetaria di questi racconti — anche supponendo che si riferiscano tutti allo stesso cataclisma —, non proverebbe l’universalità di tale evento, ma solo la sua storicità. Infatti, anche se il Diluvio avesse avuto un’estensione geograficamente limitata, i superstiti della catastrofe, emigrando dalla zona di origine, ne avrebbero portato in tutto il mondo il ricordo. È quindi valida e convincente la spiegazione che, a questo proposito, danno i TdG:

« Quando, dopo il Diluvio, l’umanità emigrò dalla Mesopotamia, portò con sé in tutte le parti della terra racconti di quella catastrofe. Per questo motivo sia in Asia che nelle isole del Pacifico meridionale, come pure nell’America Settentrionale, Centrale e Meridionale si trovano racconti di questo avvenimento impressionante. Tutte queste leggende del Diluvio esistevano molto tempo prima che questi popoli venissero a contatto con la Bibbia, eppure hanno alcuni punti basilari in comune con il racconto biblico del Diluvio » (La Torre di Guardia del 15/1/92, p.5).

La cronologia e il Diluvio

Il Diluvio deve quindi essere realmente avvenuto, ma è estremamente difficile credere che tale evento abbia avuto luogo nel tempo e con le modalità di cui parlano i Testimoni di Geova. Per esempio, secondo la Watch Tower, il Diluvio si verificò nel 2370 a.C. o giù di lì, e quindi tutte le civiltà successive — sumeri, egiziani, ecc. — sarebbero sorte in seguito. Come è noto, ci sono prove inconfutabili che le civiltà antiche sono invece molto anteriori a tale epoca.[10] Comunque, per chi crede che persino l’Everest è venuto all’esistenza dopo Noè, non c’è alcun problema; infatti, «non c’è motivo di dubitare dell’accuratezza della cronologia biblica solo perché non concorda con certe fonti secolari. Al contrario, solo quando la cronologia secolare concorda con le testimonianze bibliche si può nutrire una certa fiducia in tali antiche datazioni secolari».[11]  


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Un'ipotesi umoristica: in realtà c'erano tre arche. Quella con i dinosauri ed altre forme estinte è affondata a causa del carico eccessivo. L'arca con i marsupiali invece è andata direttamente in Australia.


Come spiegare inoltre il fatto che certe specie animali si trovano solo in alcune zone geografiche, per di più separate da vasti oceani (vedi animali australiani), mentre non esiste traccia di tali specie in altre parti della terra? Come hanno fatto questi animali, una volta usciti dall’Arca, a raggiungere tali zone così remote senza lasciare dietro di sé qualche discendente o almeno qualche resto fossile, e tutto questo, si noti, dopo il 2370 a. C.? Ecco la pronta risposta: «Per mezzo di ponti naturali» che continuarono ad esistere per qualche tempo dopo il Diluvio. Gli animali migrarono attraverso essi «prima che tali ponti sprofondassero nell’oceano». Ma questa «non è l’unica spiegazione possibile. Alcuni studi oceanografici hanno fornito le prove che un tempo [evidentemente ancora nel 24° secolo a. C.!] esistette un vasto continente nel Pacifico che comprendeva l’Australia e molte isole dei mari del sud. Se le cose stavano così, allora gli animali non ebbero alcuna difficoltà a migrare in quei paesi».[12]
Non ci sono limiti ed ostacoli alcuni per chi ha fede! Nel giro di pochi anni si creano e si cancellano perfino interi continenti… 

A proposito di animali, si noti che per i Testimoni, prima del Diluvio (cioè prima del 2370 a. C., secondo i loro calcoli cronologici) tutti gli animali erano vegetariani, dinosauri compresi (cfr. La Torre di Guardia del 1/2/1994, p.31; Svegliatevi! del 8/2/90, pp. 11).[13] Anche il Tirannosauro Rex, con le sue enormi zanne, sarebbe quindi stato un placido erbivoro. Queste opinioni sono completamente in contrasto con i fatti scientificamente dimostrati al di là di ogni ragionevole dubbio (si veda questa pagina).

Per sostenere che il Diluvio è avvenuto nel 2370 a.C., oltre che gli storici — secondo i quali le più antiche civiltà precedono di secoli tale data — i Testimoni devono sfidare anche le datazioni archeologiche e geologiche che si basano su metodi scientifici, come il metodo del radiocarbonio: «Questo metodo si basa sul fatto che il carbonio 14 (C14), un isotopo radioattivo del carbonio, rappresenta una piccola proporzione del carbonio dell’atmosfera, dei fiumi, dei laghi e degli oceani e quindi di tutti gli esseri viventi. Fintanto che un organismo rimane in vita, la proporzione di carbonio radioattivo rimane costante. Ma quando un organismo muore non riceve più nuovo radiocarbonio 14, così che il rapporto tra il carbonio 14 e quello non radioattivo (C12 e C13) diminuisce gradualmente, col degradare del carbonio radioattivo in azoto. Occorrono 5.700 anni perché il carbonio 14, presente in ogni essere vivente, si dimezzi diventando azoto, poi altri 5.700 per la metà del rimanente e così via. Stabilendo la percentuale di carbonio radioattivo che rimane nei resti animali o vegetali e confrontandola con quella che si trova negli organismi viventi, gli scienziati possono stabilire da quanto tempo il carbonio 14 è andato decadendo e, quindi, da quanto tempo l’organismo in questione è morto».[14]
Teoricamente questo metodo dovrebbe permettere di stabilire con notevole precisione l’età di un reperto. Esistono tuttavia alcuni fattori che complicano il procedimento e rendono il metodo meno affidabile di quanto si possa pensare. La prima difficoltà consiste nel fatto che la quantità di radiocarbonio presente in qualsiasi oggetto è talmente piccola che gli attuali strumenti non riescono a calcolarla in maniera assolutamente esatta. Gli scienziati devono procedere a un certo numero di misurazioni per ciascun oggetto e poi fare una media dei risultati; la datazione che si ottiene è quindi soltanto probabile, non certa. Per questo motivo le datazioni del carbonio 14 vengono in genere scritte con l’aggiunta di un fattore "più o meno", che rappresenta la deviazione standard dalla media ottenuta. Per esempio, se un campione viene datato 1425 a.C. ± 75, questo significa che vi sono due probabilità su tre che l’oggetto in questione abbia un’età compresa tra il 1350 e il 1500. Se si raddoppia la deviazione standard fornita assieme alla datazione, le probabilità che l’oggetto rientri in quell’arco di tempo salgono a più di nove su dieci.

Un altro problema legato a questo metodo di datazione riguarda il fatto che l’ammontare della concentrazione di C14 nell’atmosfera non è rimasto costante nel corso delle varie epoche. Possono anche avvenire delle contaminazioni con carbonio più recente, sia sul posto (per esempio da infiltrazioni d’acqua o intrusioni di radici di piante più recenti) sia durante gli scavi, per lo spostamento subìto, o durante la lavorazione del campione.[15]

Comunque, grazie a delle verifiche incrociate — cronologia basata sugli anelli degli alberi, datazioni della termoluminescenza e oggetti datati con documentazione certa — è stato dimostrato che per gli ultimi 1200 anni il margine di errore per le datazioni al C14 è inferiore al due per cento.[16]
L’errore aumenta per il materiale più antico, come fa notare anche la Watch Tower: «[Si è scoperto] che la velocità con cui il carbonio radioattivo si forma nell’atmosfera non è rimasta costante nel tempo, e che questo metodo non è attendibile se si datano oggetti anteriori al 2000 a.E.V. circa». (Libro "Creazione", p. 97).

Per gli oggetti datati 3000 e 4000 a. C., in effetti, la differenza tra le datazioni col C14 e quelle con gli anelli degli alberi arriva a ottocento, mille anni. Ma anche un simile margine di errore non consente di spostare tutti gli insediamenti più antichi a dopo il 2370, anno in cui, secondo i TdG, sarebbe avvenuto il Diluvio. Per esempio i più antichi strati di Gerico sono stati datati con il radiocarbonio al 6250 e 5850 circa a.C., mentre gli strati più bassi di Çatal Hüyük e Hacilar, in Anatolia, hanno avuto datazioni rispettivamente al 6385 ± 101 e 5614 ± 92.
Quello che poi la Watch Tower dimentica di precisare è che per l’era precristiana le datazioni al C14 — come è stato dimostrato con la prova degli anelli degli alberi — tendono a risultare troppo recenti e mai troppo antiche! Ciò significa che un oggetto datato al 3.500 a.C. (circa) con il metodo del radiocarbonio, in realtà risale al 4300 A.C. (circa). Pertanto, l’errore nella datazione al C14 aumenta anziché risolvere i problemi legati alla cronologia dei TdG.

La ricerca dell’Arca

La Bibbia dice semplicemente che "l’arca si posò sui monti dell’Ararat" (Genesi 8:4). La versione biblica Parola del Signore (L.D.C., A.B.U., 1985) rende il passo in questo modo: "L’arca si posò su un monte della catena dell’Ararat". l’Ararat era un antico regno montagnoso (chiamato Urartu dagli Assiri) che occupava gran parte dell’area che inseguito venne chiamata Armenia. La ricerca dell’Arca si è concentrata negli scorsi decenni specialmente sulla cima più elevata di tale catena montuosa, l’Agri Dagi. Non c’è comunque nessun accenno nella Bibbia che permetta di identificare in questo monte la località esatta in cui si sarebbe arenata l’Arca. Anche fra gli autori antichi, pochi identificarono nell’Agri Dagi la montagna dell’Arca, come si nota da questa cartina. Giuseppe Flavio, storico ebreo del I secolo d.C., colloca l’Arca vicino al fiume Zab, nell’attuale Iraq, come fanno pure Ippolito e Giulio l’Africano, autori del III secolo. Questa è all’incirca l’area in cui la tradizione mesopotamica raccolta nell’Epopea di Gilgamesh riteneva si fosse arenata la barca di Utnapishtim. Altri autori antichi localizzano l’Arca nell’Armenia centrale, nella zona anticamente chiamata Gordiene, o al centro dell’Asia Minore, nella regione che in tempi classici si chiamava Frigia. La tradizione musulmana colloca l’Arca sul Jebel Judi, una montagna che per il Corano è situata in Arabia, ma che, secondo gli autori medievali, si sarebbe trovata vicino a Mosul, nella Mesopotamia settentrionale. Non sembra che l’Agri Dagi sia stata indicata come la montagna dell’Arca prima del I o II secolo d.C.

Nonostante queste incertezze, molte persone, convinte della storicità ed assoluta correttezza del racconto biblico, preso alla lettera, hanno concentrato le loro ricerche dell’Arca esclusivamente sull’Agri Dagi. La prima spedizione fu effettuata nel 1829 da Friedrich W. Parrot, che, dopo aver visitato il monastero di Echmiadzin, dove si venera una croce che, si dice, sia stata costruita con il legno dell’Arca, tornò a mani vuote. Stesso insuccesso per le spedizioni effettuate nel 1835 da Karl Behrens, nel 1845 da Hermann Von Abich, nel 1846 da Danby Seymour, nel 1850 da Igor Khodzko, nel 1856 da Robert Stuart. Qui un elenco parziale di altri che invece hanno dichiarato di aver visto l’Arca o di aver trovato resti della medesima.

Un altro ricercatore, l’ingegner Angelo Palego, testimone di Geova, sostiene di aver trovato il luogo in cui l’Arca è sepolta dai ghiacci ed ha scritto un libro su questa "scoperta". (Ho camminato sopra l’Arca di Noè, 1990, Sacchi Editore) Più decisamente, in un suo nuovo libro, afferma di aver trovato l’Arca. (Come ho trovato l’arca di Noè, Edizioni Mediterranee, 1999). Egli assicura di aver localizzato l’Arca di Noè «con l’ausilio di una foto scattata dal satellite "Lancer" da 840.000 metri d’altezza» e che le sue tredici spedizioni per localizzare l’Arca sono servite solo a «confermare con matematica precisione ciò che l’Autore aveva già scoperto nella Bibbia». Bisogna osservare comunque che, da una simile altezza, è impossibile identificare in maniera assolutamente certa un oggetto con le dimensioni dell’Arca.

Palego afferma di aver stabilito la posizione dell’Arca, basandosi sulle rispettive altezze delle due vette principali dell’Agri Dagi (Il "Grande Ararat" e il "Piccolo Ararat"): «Dalla Bibbia (Genesi 7:11) sappiamo che le acque del Diluvio Universale caddero il 2 novembre del 2370 a. E. V. Le acque caddero per 40 giorni e 40 notti (Genesi 7:17), dopo di che cominciarono a diminuire. Dopo altri cento dieci giorni (totale 150 giorni dall’inizio del Diluvio) l’Arca si posò sui monti di Ararat (Genesi 8:5), passano altri 73 giorni (le acque intanto cominciano ad abbassarsi) e Noè vede le cime dei monti (Genesi 8:5). Con una semplice proporzione matematica in funzione della differenza di quota della cima del Grande Ararat (5165 metri) e del Piccolo Ararat (3925 metri) ho potuto stabilire a che altezza l’Arca si è fermata sul grande Ararat».

Per accettare questi suoi calcoli bisogna tuttavia supporre che la montagna sia rimasta immutata nella forma e nell’altezza sin dal tempo di Noè. Questo però contraddice quanto affermato da Palego (e dalla stessa Watch Tower) secondo cui le montagne si formarono durante e dopo il Diluvio, come conseguenza delle «enormi pressioni esercitate dall’acqua sulla relativamente sottile crosta terrestre». Così, mentre i sommovimenti della crosta terrestre portarono gradualmente — ma pur sempre rapidamente, nel giro di pochi anni, secondo i TdG — alla loro attuale altezza l’Everest, le Alpi, le Ande, ecc., l’Agri Dagi sarebbe emerso dalle acque del Diluvio esattamente con l’altezza e la forma che ha ora. L’ingegnere, infatti, arriva al punto di dire che "l’Arca trovò riparo nella gola di Ahora dal forte vento menzionato in Ge.8:1".

Non si capisce, inoltre, come possa Palego affermare che «le sue tredici spedizioni per localizzare l’Arca sono servite solo a "confermare con matematica precisione ciò che l’Autore aveva già scoperto nella Bibbia"», dato che la Bibbia — come si è visto — non dà nessuna "matematica" indicazione a questo proposito.

Nei libri di Palego si possono ammirare foto molto interessanti e suggestive le quali proverebbero che l’Arca si trova lì, sull’Ararat ad oltre 4000 metri d’altezza, con buona pace di tutte le teorie e le scoperte geologiche degli ultimi decenni. Peccato che queste foto siano piuttosto vaghe e confuse: si intravedono delle sagome scure nel ghiacciaio, dei crepacci singolari, ma nulla di chiaramente ed inequivocabilmente distinguibile. Nonostante la sicurezza con cui Palego si esprime (come si nota anche dai titoli dei suoi libri) le "prove" addotte sono inconsistenti, al punto che perfino la Watch Tower dichiara che «pretesi rinvenimenti di resti dell’arca non sono stati per ora confermati» — Perspicacia, p.178. 
In nessuna loro pubblicazione i TdG hanno mai menzionato Palego e le sue ricerche.

Se si dimostrasse che l’Arca si trova sull’Ararat, questa sarebbe una scoperta straordinaria, che rivoluzionerebbe interamente la concezione storico/geologica del passato. Inoltre, confermerebbe la veracità letterale e storica della Bibbia, sin dalle sue prime pagine, dando ragione ai fondamentalisti e smentendo qualsiasi teoria su un Diluvio "limitato", geograficamente parlando. Per questo motivo le prove che l’Arca si trova sull’Agri Dagi devono essere molto più convincenti di quelle finora presentate.

Collegamenti ipertestuali in questa pagina:

Il Diluvio fu davvero "universale"?
"Il Diluvio? Avvenne nel Mar Nero"
I racconti mesopotamici del Diluvio
I siti dove sarebbe approdata l’Arca
Le ricerche dell’Arca
Foto dell'Arca?
Trovata la vera Arca di Noè?
Carnivori o vegetariani?
Come si sono formati i continenti?
Quando vennero creati i dinosauri?

Note:

[1] Una nota de La Bibbia di Gerusalemme, commentando il racconto della Genesi, afferma: «Possediamo parecchie narrazioni babilonesi sul Diluvio, che presentano rassomiglianze considerevoli con il racconto biblico. Questo non ne dipende, ma attinge alla medesima eredità: il ricordo di una o più inondazioni disastrose della valle del Tigri e dell’Eufrate, che la tradizione aveva ingrandite con dimensioni di un cataclisma universale». Per quanto riguarda alcune obiezioni a questa ipotesi, si veda questa pagina. Secondo recenti studi, l’innalzamento delle acque del Mediterraneo, come conseguenza della fine dell’ultima glaciazione, avrebbe provocato un’immane inondazione nella depressione divenuta poi l’attuale Mar Nero. Secondo altri ancora, potrebbe essere stato addirittura un piccolo meteorite a causare un disastroso innalzamento di immani montagne d’acqua. In questa pagina ci soffermeremo in particolare sulle opinioni dei testimoni di Geova, analizzando i problemi storici e scientifici sollevati dalle loro convinzioni

[2] Perspicacia nello studio delle Scritture, pp.694-5, Roma, 1990.

[3] Fonte:  D. R. Selkirk and F. J. Burrows, editors, Confronting Creationism: Defending Darwin, New South Wales University Press, Kensington NSW Australia, 1988. Bisogna notare che i TdG nelle loro pubblicazioni hanno anche scritto che l'"acqua" esistente al di sopra della "distesa" poteva essere sotto forma di vapore o di "umidità": «Le acque al di sopra erano grandi quantità di umidità sospese in alto al di sopra della terra» (E' la Bibbia realmente la Parola di Dio?, p36, corsivo mio). Se si fosse trattato di vapore, in tal caso la pressione non sarebbe stata basilarmente diversa dall'attuale. La Bibbia comunque non dice che vi fosse una coltre di vapore intorno al globo. In Genesi 1:6,7 si legge: «E Dio proseguì, dicendo: "Si faccia una distesa fra le acque e avvenga una divisione fra le acque e le acque". Quindi Dio faceva la distesa e faceva una divisione fra le acque che dovevano essere sotto la distesa e le acque che dovevano essere sopra la distesa. E così si fece». In nessun punto tali acque vengono definite vapore. Nella Bibbia si parla per la prima volta di "vapore" in Genesi 2:6, ma senza alcuna relazione con l'acqua del Diluvio (In ebr. la parola Diluvio, mabbùl, significa anche "oceano celeste" Perspicacia p. 694). La scrittura di Genesi 2:5,6 ('Ma un vapore saliva dalla terra e adacquava l'intera superficie del suolo') era spiegata dai TdG nel senso che prima del Diluvio non era mai piovuto: «...non era necessario che piovesse... Solo dopo il Diluvio la Bibbia menziona per la prima volta lampi e tuoni. Solo dopo il Diluvio fu visibile un arcobaleno» (Ausiliario per capire la Bibbia, p. 340). Inoltre, nella Svegliatevi! del 22/10/1965, a p.13, si leggeva che "[prima del Diluvio] la terra era innaffiata non dalla pioggia, ma da un vapore che saliva dal suolo". Fino a ieri, quindi, secondo i TdG, prima del Diluvio non era mai piovuto! Ma oggi le cose sono cambiate. Nella rivistaTorre di Guardia del 15/1/1998, p.9, si legge: «Era mai piovuto prima d'allora [prima del Diluvio]? La Bibbia non lo dice. Genesi 2:5 dice: "Geova Dio non aveva fatto piovere sulla terra". Ma questo è il modo in cui espose le cose Mosè, che visse secoli dopo, parlando non dei giorni di Noè ma di un tempo molto anteriore. Come mostra Genesi 7:4, Geova fece riferimento alla pioggia parlando a Noè ed evidentemente Noè capì di che si trattava».

[4]A proposito delle pitture rupestri e delle epoche in cui vennero realizzate, ecco quanto afferma un’opera di consultazione (Enciclopedia Encarta, 1993-1997):
«Altamira Grotte preistoriche, situate nei pressi di Santillana del Mar (nella provincia di Santander, in Spagna), nelle quali si sono trovate tracce di insediamenti umani risalenti al Paleolitico superiore (vedi Età della pietra). Le grotte di Altamira furono scoperte nel 1876 dal naturalista Marcelino Sanz de Sautuola che, dopo il ritrovamento di un giacimento di ossa e di resti di utensili preistorici, nel 1879 identificò le figurazioni dipinte o graffite che le hanno rese famose. Le grotte sono costituite da due bracci a gomito, lunghi complessivamente 270 m, nei quali sono stati trovati segni di insediamenti umani all’ingresso, resti di utensili preistorici in diversi punti all’interno e pitture rupestri per tutta la loro lunghezza. Gli scavi hanno rivelato una sequenza stratigrafica divisa in due fasi: in quella inferiore (risalente al Solutreano) sono stati raccolti oltre a resti di utensili frammenti di ocra del tipo usato per la realizzazione delle pitture rupestri nonché reperti di origine animale. Nella fase superiore (del periodo Magdaleniano inferiore cantabrico) sono stati identificati resti di ocra, conchiglie utilizzate come recipiente per i colori e resti di fauna simili a quelli del periodo Solutreano, ma con una maggiore presenza di fossili di pesci e di molluschi marini. Il livello magdaleniano si fa risalire, in base alla datazione con il carbonio 14, a 15.000 anni fa, mentre per il livello solutreano i riferimenti crociati cantrabrici suggeriscono un’età compresa tra 21.000 e 17.000 anni fa.
[...] Le tracce più evidenti di attività umana restano comunque le pitture e i graffiti, tra i più significativi esempi di arte paleolitica. L’insieme più importante si trova su una volta di 120 m2, a pochi metri dall’ingresso, ed è composto da diverse rappresentazioni policrome di animali effigiati in stile naturalistico. Tra questi domina il bisonte ma sono presenti anche figure di cavalli e di cervi, nonché diversi segni schematici. Nella parte restante delle grotte, graffiti e pitture appaiono sistematicamente isolati, tranne che nell’ultima parte, dove si avverte una certa programmazione nella disposizione delle raffigurazioni. Accanto al gruppo degli animali, che costituiscono la metà delle circa trecento figure identificate, ne esiste un secondo composto da segni a forma di tetto o di triangolo, eseguiti con tecniche molto diverse. [...] Secondo lo schema stilistico proposto dallo studioso Leroi-Gourhan, le figure in rosso sarebbero attribuibili al Solutreano finale, mentre le raffigurazioni policrome dei bisonti risalirebbero al periodo Magdaleniano. Questa datazione coincide con quella suggerita per i reperti fossili e non si discosta molto da quella ottenuta eseguendo la prova del carbonio 14 sulle pitture dei bisonti (fra 13.570 e 14.710 anni a.C.).
Arte Paleolitica. L’insieme degli oggetti d’arte prodotti fra 32.000 e 11.000 anni fa, durante l’ultima glaciazione. Comprende manufatti come statue e oggetti decorati, intagliati in osso, corno o pietra, o rozzamente modellati nell’argilla, nonché esempi d’arte rupestre sotto forma di pittura, disegno o incisione, rinvenuti tanto nelle grotte quanto, nel caso delle incisioni rupestri, all’aria aperta. Testimonianze artistiche del Paleolitico sono state rinvenute in tutto il mondo, ma le più numerose si trovano nell’Europa occidentale. [...] I primi reperti di arte paleolitica furono rinvenuti quando, intorno al 1860, nelle caverne della Francia sudoccidentale furono portati alla luce oggetti decorati, chiaramente associabili agli utensili del Paleolitico e realizzati con ossa di animali risalenti all’epoca glaciale. Vi erano, inoltre, dipinte sulla roccia alcune specie animali estinte, come il mammuth, o altre, come la renna, scomparse dalla zona da molto tempo. [...] Le successive ricerche svelarono l’esistenza di nuovi siti; attualmente, in Francia e Spagna ne viene scoperto in media uno ogni anno. Arte rupestre risalente allo stesso periodo è stata recentemente rinvenuta anche in altre parti del mondo, come in Australia, America e Sudafrica. Tra le più importanti scoperte degli ultimi anni sono quella della grotta detta di Chuvet dal nome dello scopritore, avvenuta nel 1995 nella valle di Ardèche, nella Francia sudorientale, che ha svelato pitture policrome risalenti a 30.000 anni fa e quella, del 1994, di circa mille incisioni rupestri, localizzate su entrambe le rive del fiume Ca, nel Portogallo nordorientale, che si ritengono realizzate circa 20.000 anni fa. Esempi di arte paleolitica sono stati rinvenuti dalla penisola iberica e dall’Africa settentrionale fino alla Siberia, con notevoli concentrazioni in Europa occidentale, centrale e orientale». Si può notare che l’età attribuita a questi reperti risalirebbe ad un tempo estremamente remoto, molto precedente il 2370 a.C.

[5] Herz O.F. "Frozen Mammoth in Siberia", Smithsonian Institution Annual Report for 1903, pp.611-25. Vitaliano D.B. Legend of the Earth, Indiana University Press, Bloomington (Ind), 1973, p281.

[6] Per esempio, nella mitologia greca si narra che Zeus mandò un Diluvio per distruggere l’umanità. Deucalione, avvertito da Prometeo, si rifugiò con sua moglie in un’arca che alla fine si arenò sul monte Parnaso. Alcune versioni del racconto narrano anche che Deucalione mandò una colomba fuori dall’arca per sapere se le acque si fossero ritirate. È probabile che il mito di Deucalione e del Diluvio siano stati l’adattamento greco di una storia più antica (si veda questa pagina) proveniente dalla Mesopotamia. Durante l’VIII e il VII secolo a.C. le idee dei Greci erano fortemente influenzate dalle civiltà del Medio Oriente. Evidentemente fu in quel periodo che il loro contatto con le culture dell’Asia Minore li indusse a "prendere in prestito" il racconto del Diluvio, insieme ad altri miti. La tradizione greca raccontava anche di altri diluvi e Platone, nel Timeo, sviluppò da questi miti una teoria secondo la quale alluvioni e altre catastrofi devastavano periodicamente la terra, distruggendo le civiltà esistenti e costringendo i pochi superstiti a crearne nuove. Con lo sviluppo in Europa del cristianesimo, queste idee greche si mescolarono alla storia del Diluvio biblico. Alcuni teologi equipararono il Diluvio di Deucalione a quello di Noè, pensando che la storia greca fosse meno precisa del racconto biblico. Altri, incluso Agostino d’Ippona (La città di Dio, libro XVIII, 8-9), consideravano i diluvi greci come eventi storici distinti, di ambito più limitato rispetto al Diluvio Universale. (W.H.Stiebing Jr, Antichi astronauti, ed. Avverbi, 1998, Roma, p.34. Molte informazioni di questa pagina si basano o sono tratte da questo libro di Stiebing).

[7]The International Standard Bible Encyclopedia, a cura di G. W. Bromiley, 1982, vol. 2, p. 319.

[8] Filby F.A., The Flood Reconsidered, p. 49, Zondervan, Grand Rapids (Mich), 1970. Un altro esempio viene dal Sudafrica, dove un "tradizionale" racconto del Diluvio fu narrato a un missionario da un nativo del luogo. Più tardi, però, si scoprì che era stato un altro missionario a narrare la storia di Noè allo stesso indigeno. Una versione del Diluvio proveniente dalla Cina è quasi sicuramente derivata dall’influenza dei cristiani, che arrivarono in quella zona nel VII secolo d.C. È anche probabile che ci sia stata un’influenza cristiana nei racconti del Diluvio originari del Galles e della Lituania, come pure in alcune leggende americane. «Quando si eliminano le leggende sul Diluvio che possono essere state influenzate dai racconti biblici e mesopotamici i racconti che rimangono mostrano poche somiglianze con la storia di Noè e perfino l’uno con l’altro. Essi non sono necessariamente varianti di un unico Diluvio, né devono derivare tutti da una precedente tradizione. È molto più verosimile che siano creazioni indipendenti, scaturite dalle condizioni ambientali locali e reperibili in diverse aree del mondo perché le inondazioni catastrofiche, prima o poi, hanno fatto parte dell’esperienza di quasi tutti i popoli».

[9] Antichi astronauti, pp. 51, 52: Pare che prima dell’introduzione della storia del Diluvio biblico, i popoli dell’Europa precristiana si tramandassero i ricordi di un grande Diluvio. Queste leggende nominano una combinazione di inondazioni e incendi e talvolta di inondazioni non provocate dalla pioggia bensì da un sollevamento spontaneo dell’oceano e dall’affondamento definitivo dei paesi costieri lungo il litorale atlantico, eventi che hanno poco in comune con il racconto della Bibbia. Alcuni esempi: nell’Irlanda precristiana, un improvviso sollevamento dell’oceano costrinse la regina Ceseair e la sua corte a imbarcarsi e a navigare sul mondo sommerso per sette anni e mezzo. L’Irlanda poté tornare ad essere abitata solo duecento anni dopo. I popoli germanici del Nord e gli scandinavi, parlano di scosse telluriche, del ritiro delle acque e del loro ritorno in ondate di marea. Una descrizione scandinava di un’antica grande catastrofe si trova nell’Edda, la saga islandese: "Le montagne cozzano l’una contro l’altra... E il cielo si fende in due, il sole si spegne, la terra affonda nel mare, le lucenti stelle svaniscono. I fuochi divampano e sollevano fiamme alte fino al cielo". Si ritiene che anche in questo racconto vi sia un riferimento al Diluvio. Ci si può chiedere comunque come abbiano potuto coesistere fiamme alte fino al cielo con acque che sommergevano i monti... Anche nelle culture del Nuovo Mondo esistono leggende di una grande catastrofe, di norma un Diluvio, che coprì tutto, spesso con l’aggiunta di terremoti, eruzioni vulcaniche, sollevamenti e sprofondamenti di montagne. Varie tradizioni indie ricordano catastrofi provocate dalla concomitanza di terremoti, fuoco dal cielo e inondazioni. Le cronache scritte maya, parlano di superstiti che si erano nascosti in profonde caverne fino al termine delle inondazioni, degli incendi e dei terremoti. In molti racconti amerindi non si menziona la pioggia quale causa immediata di un improvviso Diluvio; si parla molto spesso invece di tremende ondate provenienti dall’oceano. Una leggenda cinese descrive in questo modo il "Diluvio": « la terra fu scossa dalle fondamenta. Il cielo si abbassò a settentrione. Il sole , la luna e le stelle cambiarono i loro corsi. La terra si frantumò e le acque sgorgarono dal suo seno verso l’alto con violenza, inondandola. L’uomo si era ribellato a Dio e il sistema dell’universo era sconvolto. I pianeti mutarono le loro orbite e la grande armonia dell’universo e della natura fu turbata...».

[10] A proposito di Gerico, un’enciclopedia afferma: «Città situata a nord del mar Morto, disposta su diverse alture abitate, la più antica delle quali, Tell es-Sultan, scavata nel 1952, rivelò un importante insediamento occupato da una delle più antiche comunità agricole del mondo. Gli abitanti di Gerico, che praticavano l’agricoltura e l’allevamento pur non conoscendo la produzione ceramica, occuparono il sito dal 9000 a.C. al 1500 a.C.». A proposito della storia dell’antico Egitto, la medesima fonte dichiara che "nel VII millennio a.C. il territorio appariva certamente accogliente dal punto di vista ambientale. Prove dell’esistenza di insediamenti in questo periodo sono state trovate nelle zone desertiche dell’Alto e del Basso Egitto e in quelle nubiane dell’odierno Sudan" (sottolineatura mia). Enciclopedia Microsoft Encarta, 1993-1997 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.

[11] Perspicacia, p.601.

[12] La Torre di Guardia, 1 novembre 1962, p.671. Si veda anche la pagina Come si sono formati i continenti? Ecco come altri fondamentalisti ("La Chiesa di Cristo") hanno spiegato la diffusione delle specie animali in tutto il globo: «Non possiamo essere sicuri di come la terra era geograficamente formata prima del Diluvio. Cinque o sei generazioni dopo Noè, lo possiamo leggere in Genesi 10:25, ai giorni di Peleg (che significa divisione), la terra era divisa. Molti credono che questo voglia dire che Dio divise la terra nei continenti che vediamo oggi». Si ammette comunque che tale "divisione" potrebbe riguardare solo i popoli e non i continenti (Cfr. Ge.11:1-9).

[13] Era opinione del "giudice" Rutherford, secondo presidente della Watch Tower, che le belve fossero diventate feroci per colpa del Diavolo che avrebbe istigato Nimrod e gli altri cacciatori postdiluviani (Genesi 10:8,9) a perseguitare ed uccidere gli animali, i quali "per la propria difesa e per salvarsi divennero feroci ed impararono ad aggredire l’uomo. Così fu che il Diavolo, a mezzo di uomini empi come Nimrod, fece diventare feroci molte bestie selvagge" (Salvezza, pag. 282). Quindi il leone, la tigre, l’orso, i rapaci, lo squalo, ecc., prima di venir braccati ed uccisi erano assolutamente mansueti e perfettamente vegetariani. Il "giudice" tuttavia non spiega come mai le lepri, le quaglie e i cerbiatti, pur essendo spietatamente braccati ed uccisi, non divennero feroci e non aggredirono mai gli uomini. Se gli animali erano prima tutti vegetariani e sono diventati cattivi (e cioè carnivori) dopo, perché alcuni sì ed altri no? In realtà gli animali carnivori hanno un apparato digerente molto diverso dagli erbivori (a cominciare dai denti) e questo perché Dio li ha creati cosi. Le osservazioni scientifiche fatte sugli animali e sul loro habitat hanno rivelato che moltissimi animali sono delle perfette "macchine per uccidere"; è assolutamente inverosimile e del tutto assurdo sostenere, come fanno i TdG, che il loro modo di vivere e la loro alimentazione fossero diversi prima del 2370! (si veda su ciò anche questa pagina).

[14] Antichi astronauti, p.54, 55. «Questa tecnica, sviluppata nel 1947 dal chimico statunitense Willard F. Libby e dai suoi colleghi dell’università di Chicago, è spesso utile per risolvere problemi cronologici in archeologia, antropologia, oceanografia, pedologia, climatologia, e geologia recente. Attraverso l’attività metabolica, il livello di carbonio-14 in un organismo vivente si mantiene pari a quello presente nell’atmosfera o nelle parti dinamiche della Terra, come l’oceano. Dopo la morte dell’organismo, il carbonio-14 comincia a decadere con tasso di decadimento noto, senza che sia possibile una reintegrazione di carbonio dall’atmosfera. Una misura del livello di carbonio consente quindi un calcolo dell’età dei resti; tuttavia il rapido decadimento del carbonio fa sì che l’applicazione di questo metodo sia limitata alla datazione di oggetti di circa 50.000 anni, benché con tecniche moderne e sofisticate sia a volte possibile estendere l’intervallo di tempo a circa 70.000 anni; l’incertezza aumenta tuttavia con l’età del campione. Nel 1962 il tempo di dimezzamento del radiocarbonio è stato ridefinito da 5570 ± 30 anni a 5730 ± 40 anni, cosicché alcune date determinate in precedenza necessitano di correzione; inoltre, per tener conto della radioattività recentemente introdotta nell’atmosfera, le date al radiocarbonio vengono calcolate con riferimento all’anno 1950». Enciclopedia Microsoft Encarta, 1993-1997 Microsoft Corporation.

[15] «Tra i fattori di incertezza che possono portare a errori nella definizione di una scala temporale, il problema più serio consiste nella contaminazione successiva di un campione, che può essere causata da percolazione di acque, da incorporazione di carbonio più giovane o più antico, e dalla contaminazione sul campo o in laboratorio causata dagli stessi ricercatori» (Enciclopedia Microsoft Encarta).

[16] Bailey L.R.,Where Is Noah’s Ark?, 1978, Abingdon,