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Il "ripristino" del nome di Dio

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Il "ripristino" del nome di Dio




Il tetragramma, le quattro lettere ebraiche יהוה (yod, he, waw, he YHWH)
che compongono il nome proprio di Dio nella Bibbia ebraica.

«Una traduzione che ripristina coraggiosamente il nome di Dio su solide basi è la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane. Questa versione, attualmente disponibile in 25 lingue moderne, fra cui l'italiano, ripristina il nome di Dio tutte le volte che nelle Scritture Greche viene citato un brano delle Scritture Ebraiche che lo contiene. In questa traduzione delle Scritture Greche il nome di Dio compare in totale 237 volte e con valide ragioni».

Queste parole, del tutto prive di incertezze, sono tratte dall'opuscolo Il nome divino che durerà per sempre, edito dalla "Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova" (p. 27). Secondo quanto si legge in tale opuscolo, la Traduzione del Nuovo Mondo - la Bibbia dei Testimoni di Geova (TNM) -, 'ripristinerebbe coraggiosamente il nome divino'. La parola ripristinare vuol dire letteralmente "riportare allo stato primitivo".

L'uso di tale verbo farebbe quindi pensare che il Corpo Direttivo (CD) dell'organizzazione abbia tradotto la propria versione della Bibbia ricalcando fedelmente i testi redatti dagli apostoli e dagli altri cristiani del primo secolo d.C. e che in questi scritti vi sia riportato il nome Geova per ben 237 volte. È un fatto risaputo comunque che gli originali scritti cristiani, dal vangelo di Matteo al libro dell'Apocalisse, sono andati perduti e che le traduzioni bibliche attuali si basano su manoscritti posteriori. Quindi le fonti di cui disponiamo sono manoscritti ricopiati dagli originali.

Questo è un fatto ammesso anche dalla Società Torre di Guardia; infatti, sempre nel medesimo opuscolo, alle pagine 23 e 24, si legge:

«... occorre ricordare che i manoscritti delle Scritture Greche Cristiane che oggi possediamo non sono gli originali. I libri scritti di loro pugno da Matteo, Luca e dagli altri scrittori biblici, essendo molto usati, si logorarono rapidamente. Ne furono quindi fatte copie, che a loro volta si logorarono e furono ricopiate. Questo è normale, dato che le copie venivano di solito fatte per essere usate, non conservate».


Il Rylands P52
(fonte Wikipedia)

«Questo è il più antico frammento esistente di un manoscritto delle Scritture Greche Cristiane, scritto nella prima metà del II secolo, forse verso il 125 E.V., e quindi solo un quarto di secolo dopo la morte di Giovanni» (Libro Perspicacia, vol. 2, p. 204).

Si dovrebbe comunque poter concludere, secondo quanto afferma la Società, che i più antichi manoscritti del Nuovo Testamento (NT) riportino il nome Geova. Ma le cose stanno davvero così? Assolutamente no. La verità è che in nessuno di questi manoscritti, o frammenti di manoscritto, compare tale nome, ma vi si trova solo e soltanto il termine "Signore". Anche questo viene riconosciuto dalla Società:

«I manoscritti del libro di Rivelazione (o "Apocalisse", l'ultimo libro della Bibbia) contengono il nome di Dio nella sua forma abbreviata, "Iah" (nella parola "Alleluia"). Ma a parte ciò, nessun antico manoscritto greco oggi in nostro possesso dei libri da Matteo a Rivelazione contiene il nome di Dio per esteso» (pag. 23).

Quindi, per sua stessa ammissione, la Società Torre di Guardia riconosce che il nome Geova non si trova nei manoscritti del Nuovo Testamento. Ma allora perché lo hanno inserito per ben 237 volte nella TNM? Secondo i Testimoni di Geova «i cristiani apostati del II e del III secolo [tolsero il nome] nel ricopiare i manoscritti greci della Bibbia e non lo adoperarono quando tradussero la Bibbia in altre lingue» (pag. 27). Con tali parole il Corpo Direttivo rivolge ai cristiani del II° e III° secolo l'accusa di apostasia. Ma è credibile che degli uomini timorati di Dio prima abbiano alterato la Scrittura e poi abbiano sofferto e siano morti per essa? Tutto ciò sarebbe davvero illogico e paradossale. Si tratta chiaramente di accuse insostenibili, sia dal punto di vista biblico che storico.

L'opuscolo in cui sono state espresse queste gravi accuse venne pubblicato nel 1984. Cinque anni dopo, in una pubblicazione dal titolo La Bibbia: Parola di Dio o dell'uomo?, vennero scritte delle affermazioni nettamente contrastanti. Ecco come la Società espresse il suo elogio nei confronti dei cristiani dei primi secoli (il grassetto è aggiunto):

«Nel 303 E.V. l'imperatore Diocleziano prese provvedimenti direttamente contro la Bibbia. Nel tentativo di cancellare il cristianesimo, ordinò che tutte le Bibbie cristiane venissero bruciate. Queste campagne di oppressione e genocidio furono una vera minaccia alla sopravvivenza della Bibbia. Se gli ebrei avessero fatto la stessa fine dei filistei e dei moabiti o se gli sforzi compiuti prima dai giudei e poi dalle autorità romane per eliminare il cristianesimo avessero avuto successo, chi avrebbe scritto e preservato la Bibbia? Ma nonostante tutto, i custodi della Bibbia - prima gli ebrei e poi i cristiani - non furono sterminati e la Bibbia è sopravvissuta» (pp.16-17).

In cinque anni, quei primi cristiani da apostati sono stati elevati a custodi della Bibbia, un cambiamento di opinione da parte del CD davvero molto benevolo ma che rimane comunque contraddittorio. Mettendo a confronto queste due opinioni, infatti, non possiamo che concludere che una di esse è falsa: i primi cristiani o erano custodi o erano apostati falsificatori della Bibbia! Senza alcuna ombra di dubbio possiamo affermare che è falsa l'accusa di apostasia.

Perché la Torre di Guardia ha espresso simili accuse? La risposta è che pur di giustificare l'inserimento del nome Geova nel Nuovo Testamento non hanno risparmiato le critiche nemmeno nei confronti di coloro che con fede e devozione hanno fatto pervenire a noi le Sacre Scritture.

La Società Torre di Guardia riconosce l'estrema meticolosità, l'attenzione e la cura che vennero adottate dai primi cristiani nel ricopiare gli scritti originali:

«Copie delle Scritture Ebraiche furono trascritte con coscienziosa cura e gli scribi presero insolite precauzioni per assicurarsi che non vi fossero errori. Controllavano l'esattezza contando il numero delle parole, perfino il numero delle lettere, e se anche una sola lettera era sbagliata, scartavano quella parte del manoscritto e la riscrivevano. A prova di questa accuratezza, manoscritti che risalgono al decimo secolo E.V. contengono essenzialmente lo stesso materiale del "rotolo del mar Morto" di Isaia scoperto di recente, che fu copiato nel primo o secondo secolo a.E.V.

Oltre mille anni di copiatura e ricopiatura non avevano provocato alcuna alterazione al testo della Bibbia! Simile minuziosa cura dei particolari si ebbe nel ricopiare i manoscritti delle Scritture Greche Cristiane. Così siamo sicuri che i testi ebraico e greco, da cui sono state tradotte le nostre Bibbie moderne, sono essenzialmente uguali ai manoscritti originali che furono 'ispirati da Dio'. Lo studio comparato di decine di migliaia di manoscritti in molte lingue ne dà prova. Sì, la Bibbia stampata, come l'abbiamo ora in più di 1.500 lingue, è la stessa "parola" scritta a mano sotto ispirazione di Dio, dal sedicesimo secolo a.E.V. al primo secolo E.V.» (Opuscolo "Buona notizia", 1977, pag. 41).

«Il testo che noi abbiamo a disposizione è in sostanza quello redatto dagli scrittori originali, e la sua accuratezza è confermata dal fatto che i cristiani contemporanei lo accettavano» (La Bibbia: parola di Dio o dell'uomo?, p. 59).

«Dobbiamo essere contenti di sapere che la generale autenticità del testo del Nuovo Testamento è stata rimarchevolmente confermata dalle scoperte moderne che hanno ridotto così tanto l'intervallo fra gli originali autografi e i più antichi manoscritti esistenti, e che le differenze tra le varie lezioni, per quanto interessanti, non influiscono sulle dottrine fondamentali della fede cristiana» (Tutta la Scrittura è ispirata, p. 319).

Se l'uso del nome divino - come affermano i Testimoni - è essenziale per la salvezza ed è una delle verità fondamentali alle quali bisogna credere, come mai Dio avrebbe permesso che scomparisse dagli antichi manoscritti? Se Dio ha preservato la Sua parola dalla corruzione e dalla contaminazione (come si legge nelle frasi succitate), facendo in modo che arrivasse a noi sostanzialmente come fu scritta, perché non si trova traccia alcuna nei manoscritti del Nuovo Testamento del nome Geova? Se tale supposta alterazione fu opera di scribi disonesti ed apostati, che sostituirono il tetragramma (YHWH) con il titolo Signore - come sostengono i Testimoni - come mai Dio non avrebbe impedito questa grave alterazione? Se le cose stanno in questo modo, che fiducia possiamo avere che non siano state cambiate anche altre parti essenziali e fondamentali della Scrittura?

Riassumendo tutto quello che abbiamo considerato finora, possiamo arrivare a due conclusioni certe:

1) Tutti i manoscritti, sia ebraici che greci, sono accurati e sono stati copiati correttamente e fedelmente agli originali.

2) In tutti manoscritti del Nuovo Testamento non compare mai il nome Geova ma sempre il termine "Signore".

Sorge quindi spontanea la domanda: con quale autorità il CD si è permesso di inserire il nome Geova per ben 237 volte nel Nuovo Testamento?

Sempre l'opuscolo Il nome divino che durerà per sempre, a pag. 26, risponde:

«Perciò laddove gli scrittori delle Scritture Greche Cristiane citano le preesistenti Scritture Ebraiche [Vecchio Testamento], il traduttore ha il diritto di rendere la parola Kyrios con "Geova" ogni qualvolta il nome divino appariva nell'originale ebraico».

Il CD si è quindi arrogato il diritto di modificare la Parola Di Dio, sostituendo Kyrios (Signore), con Geova, 'dimenticandosi' delle parole che si trovano in Apocalisse 22:18,19: «Io lo dichiaro a chiunque ode le parole della profezia di questo libro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo libro; se qualcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dell'albero della vita e della santa città che sono descritti in questo libro» (Nuova Riveduta).

Per giustificare tale inserimento ("ripristino") anche dove non ci sono dirette citazioni del Vecchio Testamento, non disponendo di manoscritti che lo autorizzino, la Società si è appoggiata all'"autorità" di alcune traduzioni in ebraico e in altre lingue del Nuovo Testamento. Ecco cosa si legge a pag. 1567 della TNM con riferimenti, al sottotitolo "Ripristino del Nome Divino":

«Nel corso dei secoli sono state fatte molte traduzioni in ebraico delle Scritture Greche Cristiane o di parti d'esse. Tali traduzioni, contrassegnate in quest'opera dalla lettera "J" seguita da un esponente numerico, hanno ripristinato in vari luoghi il nome divino nelle ispirate Scritture Greche Cristiane. Hanno ripristinato il nome divino non solo nelle citazioni dalle Scritture Ebraiche, ma anche in altri luoghi dove i brani richiedevano tale ripristino».

Ecco l'elenco delle traduzioni su cui la Torre di Guardia si basa per cercare di legittimare il suo ripristino del nome Geova nel NT (dall'Introduzione della TNM con riferimenti, p.10):

J1  Matteo, ebr., a cura di J. du Tillet, con una traduzione lat. di J. Mercier, Parigi, 1555.

J2  Matteo, ebr., incorporato come capitolo a sé in ʼÈven bòchan [“Pietra Provata”], di Shem-Tob ben Isaac Ibn Shaprut, 1385. Mss. del XVI e XVII sec., Jewish Theological Seminary, New York.

J3  Matteo ed Ebrei, ebr. e lat., di Sebastian Münster, Basilea, rispettivamente del 1537 e del 1557.

J4  Matteo, ebr., di J. Quinquarboreus, Parigi, 1551.

J5  Vangeli liturgici, ebr., di F. Petri, Wittemberg, 1573.

J6  Vangeli liturgici, tedesco, lat., gr. ed ebr., di Johannes Claius, Lipsia, 1576.

J7  Scritture Greche Cristiane in 12 lingue, incluso l’ebr., di Elias Hutter, Norimberga, 1599-1600.

J8  Scritture Greche Cristiane, ebr., di William Robertson, Londra, 1661.

J9  Vangeli, ebr. e lat., di Giovanni Battista Jona, Roma, 1668.

J10  The New Testament . . . in Hebrew and English, di Richard Caddick, voll. I-III, contenenti Matteo–1 Corinti, Londra, 1798-1805.

J11  Scritture Greche Cristiane, ebr., di Thomas Fry e altri, Londra, 1817.

J12  Scritture Greche Cristiane, ebr., di William Greenfield, Londra, 1831.

J13  Scritture Greche Cristiane, ebr., di A. McCaul, M. S. Alexander, J. C. Reichardt e S. Hoga, Londra, 1838.

J14  Scritture Greche Cristiane, ebr., di J. C. Reichardt, Londra, 1846.

J15  Luca, Atti, Romani ed Ebrei, ebr., di J. H. R. Biesenthal, Berlino, rispettivamente del 1855, 1867, 1853 e 1858.

J16  Scritture Greche Cristiane, ebr., di J. C. Reichardt e J. H. R. Biesenthal, Londra, 1866.

J17  Scritture Greche Cristiane, ebr., di Franz Delitzsch, Londra, ed. 1981.

J18  Scritture Greche Cristiane, ebr., di Isaac Salkinson e C. D. Ginsburg, Londra, 1891.

J19  Giovanni, ebr., di Moshe I. Ben Maeir, Denver (Colorado, USA), 1957.

J20  A Concordance to the Greek Testament, di W. F. Moulton e A. S. Geden, 4a ed., Edimburgo, 1963.

J21  The Emphatic Diaglott (interlineare greco-inglese), di Benjamin Wilson, New York, 1864, ristampa a cura della Watch Tower Bible and Tract Society, Brooklyn (New York), 1942.

J22  Scritture Greche Cristiane, ebr., United Bible Societies, Gerusalemme, 1979.

J23  Scritture Greche Cristiane, ebr., di J. Bauchet e D. Kinnereth (Arteaga), Roma, 1975.

J24  A Literal Translation of the New Testament . . . From the Text of the Vatican Manuscript, di Herman Heinfetter, Londra, 1863.

J25  St. Paulʼs Epistle to the Romans, di W. G. Rutherford, Londra, 1900.

J26  Salmi e Matteo 1:1–3:6, ebr., di Anton Margaritha, Lipsia, 1533.

J27  Die heilige Schrift des neuen Testaments, di Dominik von Brentano, 3a ed., Vienna e Praga, 1796.

J28  The New Covenant Commonly Called The New Testament—Peshitta Aramaic Text With a Hebrew Translation, edito dalla Bible Society, Gerusalemme, 1986.

In questa pagina citeremo il contenuto di due di queste traduzioni, precisamente "Scritture Greche Cristiane in 12 lingue, incluso l’ebr., di Elias Hutter, Norimberga, 1599-1600", simbolo J7 e "A Literal Translation of the New Testament . . . From the Text of the Vatican Manuscript, di Herman Heinfetter, Londra, 1863", simbolo J24.

Il fatto che in traduzioni del NT (o di parti d'esso) dal greco all'ebraico e in altre lingue (inglese e tedesco), alcuni studiosi abbiano inserito il tetragramma o il nome Geova in alcuni luoghi dove compare il termine greco Kyrios, non dimostra assolutamente che il nome divino fosse riportato anche negli scritti originali! Semplicemente questi traduttori inserirono nel testo - di loro iniziativa, senza avere il sostegno di alcun manoscritto greco del NT - le quattro consonanti ebraiche YHWH o il termine Jehovah (Geova) per rendere il greco Kyrios.

Citare queste traduzioni quindi non rende in alcun modo legittimo l'inserimento del nome Geova nel NT da parte della Società Torre di Guardia.

La società Watchtower (WTS), ogni volta che nella sua traduzione delle Scritture Cristiane "ripristina" il nome Geova, nelle note in calce, cita le summenzionate versioni per giustificare tale inserimento. Ecco un esempio tratto dal vangelo di Matteo, cap. 1 versetto 20; nella TNM con riferimenti del 1987 (tutte le citazioni in questa pagina sono tratte da tale traduzione), in questo passo si legge:

«Ma dopo che ebbe riflettuto su queste cose, ecco, l'angelo di Geova* gli apparve in sogno, dicendo: "Giuseppe, figlio di Davide, non aver timore di condurre a casa tua moglie Maria, poiché ciò che è stato generato in lei è dallo spirito santo».

L'asterisco rimanda alla nota in calce che recita:  

«"Geova": J3,4,7-14,16-18,22-24,28(ebr.), [JHWH] (Yehowàh); gr. [Kyrios], senza l'articolo determinativo, "Signore". The Holy Scriptures, di J. N. Darby, 1920 (corrispondente alla "Elberfelder Bibel" tedesca, 1891), dice in una nt. a Mt 1:20: "'Signore' senza articolo, che significa, come in molti altri casi, 'Geova'". Questo è il primo dei 237 luoghi delle Scritture Greche Cristiane in cui il nome divino "Geova" ricorre nel testo principale di questa traduzione».



Quindi, non potendo disporre dell'autorità degli antichi manoscritti, la Società si è appoggiata a delle traduzioni del NT, la più antica delle quali risale solo al 1555! (Ci riferiremo in seguito a tali traduzioni con la lettera "J"). Ma, come dicevamo, nessun antico manoscritto greco del Nuovo Testamento riporta il nome divino nella forma Geova o in qualche suo equivalente.

La Società si dimostra poi incoerente nell'applicare la regola di citare le traduzioni "J". Quando, infatti, queste traduzioni sono in contrasto con la sua teologia, le note in calce rimangono stranamente mute. Per esempio, in Ebrei 1:10-12 si legge nella TNM (il grassetto è aggiunto):

10 E: "Tu in principio, Signore, ponesti le fondamenta della terra e i cieli sono [le] opere delle tue mani. 11 Essi periranno, ma tu rimarrai continuamente; e tutti invecchieranno come un abito, 12 e tu li avvolgerai come un mantello, come un abito; e saranno mutati, ma tu sei lo stesso e i tuoi anni non finiranno mai".

Perché non vi è alcuna nota in calce che rimanda alle traduzioni "J" di questo passo? Non vi è alcun dubbio che qui si sta parlando di YHWH, il Creatore del mondo. La traduzione di Elias Hutter, Norimberga, 1599-1600 (link), simbolo J7, in questo versetto riporta infatti il tetragramma:



Il silenzio della nota e la mancanza del "ripristino" del nome Geova in questo versetto dipende semplicemente dal fatto che qui lo scrittore ispirato si sta riferendo al Figlio di Dio: sarebbe molto contrastante con le dottrine dei TdG chiamare il Figlio di Dio Geova...

Lo stesso accade nel cap. 3 versetto 15 della prima lettera di Pietro:

Ma santificate il Cristo come Signore* nei vostri cuori, sempre pronti a fare una difesa davanti a chiunque vi chieda ragione della vostra speranza, ma con mitezza e profondo rispetto.

L'asterisco rimanda alla nota che dice: «"Il Cristo come Signore", [ALEF] ABC, TR, "il Signore Dio"; J7,8,11-14,16,17,24, "Geova Dio"». I simboli [ALEF] ABC, TR stanno rispettivamente ad indicare: Alef:  il Codice Sinaitico, manoscritto greco (gr) del IV sec. d.C.; A: Codice Alessandrino, gr., V sec. d.C; B:  Ms. Vaticano 1209, gr., IV sec. d.C.; C:  Codice Ephraemi rescriptus, gr., V sec.d.C.; TR: Textus receptus (Testo comunemente accettato), Scr. Gr., di R. Estienne (Stefano), 1550. I simboli J7,8,11-14,16,17,24, indicano invece quelle traduzioni ebraiche che in questo passo hanno inserito il tetragramma al posto di Kyrios.

Anche in questo caso la Watchtower si dimostra incoerente e contraddittoria, infatti anziché seguire come al solito l'esempio delle traduzioni ebraiche, come ha fatto per 237 volte, qui si attiene ai manoscritti greci che contengono la parola "Signore" (Kyrios).



Perché questa incoerenza? Semplicemente per evitare di far dire all'apostolo che bisogna santificare il Cristo come Geova, attribuendo quindi al Signore Gesù lo stesso nome o la stessa posizione del Padre.

Un altro esempio, Filippesi 2:10-11 (il grassetto è aggiunto):

10 affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio di quelli che sono in cielo e di quelli che sono sulla terra e di quelli che sono sotto il suolo, 11 e ogni lingua confessi apertamente che Gesù Cristo è Signore alla gloria di Dio Padre.

Cosa dicono le traduzioni "J" su questo passo? Quale parola usano al posto del titolo "Signore"? La nota in calce della TNM è anche qui insolitamente muta.

Molto interessante è invece il modo in cui viene commentato dalla WTS il passo di Romani 10:9. Qui la Società ha evidentemente commesso un involontario autogol: «Poiché se pubblicamente dichiari quella 'parola della tua bocca', che Gesù è Signore, ed eserciti fede nel tuo cuore che Dio lo ha destato dai morti, sarai salvato». Nota in calce: «Gr. kyrios; J12-14,16-18,22 (ebr.), ha´adhòhn, "il Signore". Non "Geova"». In questo caso le versioni ebraiche vengono menzionate. Si osserva però che la parola greca kyrios viene resa in queste versioni ebraiche con ha´adhòhn. A proposito di questo titolo, ecco cosa si legge nella Torre di Guardia del 15/6/1987, p. 12, dove si commenta il passo di Malachia 3:1:

«L’espressione ebraica qui usata è ha’Adhòhn. L’uso dell’articolo determinativo ha ("il") davanti al titolo ’Adhòhn ("Signore; Padrone") limita l’applicazione di questo titolo esclusivamente a Geova Dio. Geova sarebbe venuto in effetti al "Suo tempio"» (il grassetto è aggiunto).

Quindi secondo la stessa WTS i traduttori ebrei che in Romani 10:9 hanno reso kyrios con ha´adhòhn hanno compreso che in questo passo Cristo viene uguagliato a YHWH! La stessa osservazione viene fatta nell'Appendice della TNM con riferimenti, edizione del 1987:

«Il titolo ´Adhòhn, "Signore; Padrone", quando è preceduto dall’articolo determinativo ha, "il", forma l’espressione ha´Adhòhn, "il [vero] Signore". Nel M l’uso dell’articolo determinativo ha davanti al titolo ´Adhòhn limita l’applicazione di questo titolo esclusivamente a Geova Dio».

Qualche lettore si è reso conto che la nota in calce nella TNM su Romani 10:9 contrasta con queste affermazioni della Società e quindi ha rivolto alla stessa la seguente domanda:

«L’appendice della Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (pagine 1389 e 1390) dice che l’espressione ebraica ha-Adòn si applica esclusivamente a Geova Dio. Perché allora la nota in calce su Romani 10:9 (nell’edizione del 1971 [NW] e nell’Interlineare del Regno [entrambi in inglese]) indica che lì questa espressione non si riferisce a Geova?» (w82 1/2 p. 31).

Cito in parte la risposta della WTS:

«La nota in calce su Romani 10:9 indica semplicemente che alcuni traduttori, rendendo le Scritture Greche in ebraico, hanno usato l’espressione ha-Adòn (che letteralmente significa "il Signore") per tradurre la parola greca kyrios (che significa "Signore"). La parola "Signore" qui si riferisce ovviamente a Gesù perché il versetto dice: "Poiché se pubblicamente dichiari ‘quella parola della tua bocca’, che Gesù è Signore [Kyrios], ed eserciti fede nel tuo cuore che Dio lo ha destato dai morti, sarai salvato". (NW) Certi traduttori rendono la parola greca Kyrios con l’ebraico ha-Adòn, ma questa è solo la loro opinione, perché nel testo greco, in questo versetto, "Signore" non è accompagnato dall’articolo determinativo. ...» (Il grassetto è aggiunto).

Un commento su questo punto: ma se questa era solo l'opinione erronea di alcuni traduttori perché la Società non ha semplicemente omesso (come ha fatto in altri casi) di indicare queste versioni che, a suo parere, hanno tradotto in maniera sbagliata? La Società ha citato questi traduttori perché voleva dimostrare che non esiste in questo passo un parallelismo fra Kyrios (Gesù) e "Geova". Ma così facendo ha creato un problema ancora più grave: infatti queste traduzioni (definite poi erronee dalla Società) indicano invece che il Signore Gesù è ha-Adòn, proprio come YHWH!

Un altro passo tradotto in maniera poco chiara è Romani 14:7-9, che viene reso così nella TNM (grassetto aggiunto):

7 Nessuno di noi vive infatti solo per se stesso, e nessuno muore solo per se stesso; 8 poiché se viviamo, viviamo per Geova, e se moriamo, moriamo per Geova. Perciò sia se viviamo che se moriamo, apparteniamo a Geova.  9 Poiché per questo Cristo morì e tornò in vita, per essere Signore sia dei morti che dei vivi.

Non si capisce che cosa c'entri il versetto 9 con i versetti precedenti, dove si parla di Geova. Se sostituiamo quel "Geova", che nel testo greco non esiste, con Signore, ecco cosa si leggerebbe:

7 Nessuno di noi vive infatti solo per se stesso, e nessuno muore solo per se stesso; 8 poiché se viviamo, viviamo per il Signore, e se moriamo, moriamo per il Signore. Perciò sia se viviamo che se moriamo, apparteniamo al Signore.  9 Poiché per questo Cristo morì e tornò in vita, per essere Signore sia dei morti che dei vivi.

Così i versetti risultano essere molto più chiari: si sta parlando del Signore Gesù, e non di Geova. Inserendo "Geova" nel testo, la WTS rende incomprensibile il brano.

Un altro passo in cui il titolo kyrios viene reso con "Geova" in alcune versioni "J" è 1 Tessalonicesi 4:15-17, che così viene tradotto nella TNM (il grassetto è aggiunto):

15 Poiché questo vi diciamo per la parola di Geova, che noi viventi che sopravvivremo fino alla presenza del Signore non precederemo affatto quelli che si sono addormentati [nella morte]; 16 perché il Signore stesso scenderà dal cielo con una chiamata di comando, con voce di arcangelo e con tromba di Dio, e quelli che sono morti unitamente a Cristo sorgeranno per primi. 17 In seguito noi viventi che sopravvivremo saremo rapiti, insieme con loro, nelle nubi per incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore.

Nei versetti succitati, nel testo greco la parola kirios compare cinque volte. Una volta la WTS inserisce il termine "Geova", mentre le altre volte traduce Signore. Come mai non hanno reso coerentemente con "Geova" il titolo Signore (kyrios) anche in questo passo, così come hanno fatto negli altri casi?

È interessante notare che le traduzioni della lettera ai Tessalonicesi a cui la WTS si rifà per cercare di legittimare tale presunto ripristino, rendono "Geova" anche nei casi in cui la WTS lascia il termine Signore, come si legge nelle note in calce della TNM.



A parte il primo caso, dove si parla della "presenza del Signore, in cui la nota non dice nulla sul modo in cui rendono tale passo le traduzioni "J" (la nota si limita ad osservare che i principali manoscritti greci dicono "Signore" o Gesù: “Del Signore”, אAVg; B, “di Gesù”), nel versetto 16 quattro traduzioni mettono il tetragramma (J7, J8, J13, J14), nel versetto 17, nella prima ricorrenza del termine Signore, due traduzioni fanno lo stesso (J7, J8) e nella seconda ricorrenza le traduzioni sono cinque (J7, J8, J17, J18, J24).

La traduzione di Herman Heinfetter (J24) nel versetto 17 inserisce il nome Geova (Jehovah), mentre la TNM traduce Signore:



Pare evidente quindi che il "ripristino" del nome "Geova" non dipenda né dai testi in lingua greca, che, come dicevo, non contengono mai tale nome, né dall'"autorità" delle traduzioni in altre lingue del NT, ma solo dalla decisione dei dirigenti della WTS, i quali si sono arrogati il diritto di "ripristinare" - in maniera arbitraria ed anche incoerente - un nome che nel Nuovo Testamento non c'è mai stato.

Che dire poi del passo di 2 Corinti 12:7-10?

«Perciò, affinché non mi sentissi troppo esaltato, mi fu data una spina nella carne, un angelo di Satana, che mi schiaffeggiasse, perché non fossi troppo esaltato. A questo riguardo supplicai tre volte il Signore affinché essa si allontanasse da me; eppure realmente mi disse: "Ti basta la mia immeritata benignità; poiché la [mia] potenza è resa perfetta nella debolezza". Lietissimamente, perciò, mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza del Cristo rimanga come una tenda su di me. Perciò prendo piacere nelle debolezze, negli insulti, nei casi di bisogno, nelle persecuzioni e nelle difficoltà, per Cristo. Poiché quando sono debole, allora sono potente» (TNM, il grassetto è aggiunto).

Chi è il "Signore" a cui Paolo rivolse delle suppliche? Secondo i TdG si tratterebbe di Geova (w87 15/11 p. 29). Ma se si sta parlando del "Signore Geova" perché, anche in questo caso, come è stato fatto per 237 volte nella TNM, il CD non ha ripristinato il nome di Dio, scrivendo appunto "Geova" al posto di "Signore"? In questo modo sarebbe stata evitata ogni incertezza, anche se tale traduzione avrebbe stravolto il chiaro significato del passo, letto nel suo contesto. Appare evidente, infatti, che il Signore a cui Paolo si rivolse in preghiera era il Signore Gesù.

Inoltre come mai, anche in questo caso, nelle note in calce della TNM non c'è nessun rimando alle traduzioni "J" della lettera ai Corinti? Non era il caso di indicare se le suddette versioni riportassero nel testo YHWH oppure Adon, o Adonaj, o Geova? Credo che il silenzio della TNM nelle note sia piuttosto eloquente. Non sono riuscito a consultare tutte le succitate versioni ebraiche ma evidentemente in ognuna di esse vi si legge Adon o Adonaj e non YHWH, altrimenti la WTS le avrebbe citate e avrebbe "riprisitinato", anche in questo caso, il nome "Geova".

L'unica traduzione ebraica che ho trovato della lettera ai Corinti, fra quelle riportate nell'elenco della Società, sono le Scritture Greche Cristiane in 12 lingue, incluso l’ebr., di Elias Hutter, Norimberga, 1599-1600 (link), simbolo J7:


Cliccare per ingrandire

La traduzione in italiano a sinistra dice: «Per laqual cosa ho ben tre volte pregato il Signore [ebraico אֲדֹנָי (Adonaj)], che si partisse da me». Non vi si trova il tetragramma, ma il termine "Signore". Evidentemente il traduttore ha reso il greco kirios con Adonaj e non con YHWH perché ha compreso che nel passo si parla del Signore Gesù.

Altre traduzioni in ebraico del NT, che non sono però riportate nell'elenco della WTS, fanno lo stessa cosa, traducono Signore e non YHWH.

Nella traduzione del Nuovo Testamento in ebraico di Franz Delitzsch (link) si legge:

«Per questo ho pregato tre volte il Signore [ebr. Adonaj] che mi fosse tolto» (cliccare qui per visualizzare la riproduzione originale del testo).

La traduzione del Nuovo Testamento in ebraico moderno (link):


Cliccare per ingrandire

Traduzione: «Per questo ho pregato tre volte il Signore [ebr. Adonaj] che si allontanasse da me».

Non vi sono traduzioni ebraiche che in questo versetto rendano kirios con il tetragramma.

La traduzione inglese di Herman Heinfetter, riportata nell'elenco (J24), traduce il versetto 8 "supplicai il Signore" ("besought the Lord"):



Questi sono alcuni esempi che dimostrano come la Bibbia possa essere tradotta seguendo ragionamenti che si alternano a seconda della propria convenienza e del proprio credo religioso, e nel fare ciò la Società Torre di Guardia è vera maestra: il "ripristino del nome divino" nella TNM non è un caso isolato, esistono, infatti, molti altri versetti rimaneggiati e resi conformi alle dottrine del CD.

Il Corpo Direttivo, per paura che i suoi adepti possano venire a conoscenza di questi fatti, rivolge durissime accuse contro gli "apostati" e le persone che esaminano criticamente la TNM:

«Alcuni, come certi odierni apostati, operano slealmente come agenti di Satana per minare la fede dei membri più nuovi della congregazione cristiana. (2 Corinti 11:13) Anziché limitarsi a usare la Bibbia come fonte del vero insegnamento, concentrano i loro sforzi nel tentativo di screditare la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, come se gli insegnamenti dei testimoni di Geova dipendessero completamente da essa» - La Torre di Guardia del 15 agosto 1990, pag. 16.

Con queste parole si vorrebbe far credere che un testimone di Geova potrebbe servirsi, senza nessun problema, di una Bibbia diversa dalla Traduzione del Nuovo Mondo. Va comunque sottolineato che se un testimone di Geova insistesse nel servirsi regolarmente di un'altra traduzione durante le adunanze (magari mentre pronuncia un discorso dal podio o durante l'opera di predicazione), sarebbe guardato con occhio piuttosto critico dai suoi fratelli e, soprattutto, verrebbe interpellato dagli "anziani", i quali gli  chiederebbero come mai usa un'altra traduzione biblica e gli porrebbero mille domande, come se stesse per cadere nell'"apostasia".

Nella "Torre di Guardia" succitata abbiamo letto le accuse del Corpo Direttivo nei confronti degli "apostati", secondo cui essi  screditerebbero indebitamente e senza validi motivi la Traduzione del Nuovo Mondo. Però, nel libro "Tutta la scrittura è ispirata da Dio", a pag. 324, si legge:

«I testimoni di Geova riconoscono di dovere molto alle numerose versioni della Bibbia che hanno usato per studiare la verità della Parola di Dio. Comunque, tutte queste traduzioni, anche le più recenti, hanno i loro difetti. Ci sono incoerenze o versioni di brani poco accurate, contaminate da tradizioni settarie o da filosofie mondane, e pertanto non in piena armonia con le sacre verità che Geova ha fatto scrivere nella sua Parola».

In conclusione, se è la Società Torre di Guardia a criticare le altre traduzioni, lo fa solo per difendere "le sacre verità che Geova ha fatto scrivere nella sua Parola"; se sono gli altri a criticare la loro Traduzione del Nuovo Mondo, questi vengono definiti "apostati che operano slealmente come agenti di Satana per minare la fede dei membri più nuovi della congregazione cristiana".
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Altra pagina sullo stesso argomento:
L'abuso di un'ipotesi: il Tetragramma nel NT
A cura di Achille Aveta (link esterno)

In questa pagina il prof. Aveta commenta la pubblicazione di una "nota" - intitolata «JHWH». Il tetragramma nel Nuovo Testamento - apparsa sull’autorevole trimestrale Rivista Biblica, organo dell’Associazione Biblica Italiana, nel n. 2 di aprile-giugno 1997, pp. 183-186.

L’articolo che “Rivista Biblica” ha dedicato a confutare le ipotesi di Matteo Pierro sulla presenza del tetragramma nel NT.
L’articolo è di Carmelo Savasta, un biblista cattolico. La rivista in oggetto è la n.° 46 del 1998:
Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova
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02/04/2021
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