I Testimoni di Geova -
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Le dottrine


ANIMA

ovvero:
"Verissimamente ti dico oggi io sarò con voi nella Congregazione"



Genesi 2,7 "... e l'uomo divenne un'anima vivente".


Cominciamo con una "perla" di affermazione, che troviamo nella TOR del 15/5/1997, p. 5 che recita: «Da Genesi, il primo libro della Bibbia, apprendiamo il significato corretto di "anima".»
Vero è che non è facile individuare di botto la stortura esegetica esposta in questa metodologia proposta e poi seguita alla lettera dal CD, se non si è allenati a una logica tagliente e attenta. Ma noi ci siamo riproposti di essere "bereani" e siccome il discorso della TOR è evidentemente rivolto a noi non ancora geovisti (un TG si offenderebbe sentendosi sottolineare "Genesi, il primo libro della Bibbia"!), noi vedremo di far girare le meningi dell'accertamento e della "nobiltà di mente" propria dei Bereani...

La parola a noi moderni ignota, quella di cui vogliamo conoscere il significato, è quella ebraica "nèphesh" e non quella italiana "anima" di cui abbiamo tutti un concetto che grosso modo i vocabolari italiani designano come "elemento spirituale del composto umano". Quindi non si può interrogare la Bibbia (né il primo libro né alcun altro) per chiederle il senso di una parola del nostro vocabolario italiano!

Facendo quella dichiarazione il CD ha già operato uno sgambetto logico infilando una sua traduzione della parola nèphesh laddove avrebbe dovuto lasciare il termine ebraico. Esso avrebbe dovuto dire: "Dal primo libro della Bibbia apprendiamo il significato corretto della parola nèphes" e non "della parola anima" che è già una traduzione (e per giunta sbagliata) di nèphes!

Facciamo un parallelo con un esempio classico (e utilissimo per altro verso quando toccherà all'argomento della croce...). Se si prende "Ragioniamo" a p. 85 si nota che il CD riporta, presi dal dizionario greco-italiano di Liddell-Scott in uso presso le Sale del regno, vari significati del termine greco xylon (csìlon): legno, tronco, trave, palo, bastone, clava, randello, ecc...

Ebbene il procedimento indicato dal CD per la sua filologia/esegesi, come ci è stato proposto all'inizio, se applicato al termine xylon, di cui noi volessimo conoscere il corretto significato suonerebbe così: "Dalla pag. 875 del Dizionario illustrato greco-italiano di Liddell e Scott apprendiamo il corretto significato del termine "randello"!!! Cioè invece di farci conoscere il significato del termine sconosciuto greco "xylon" ci fa conoscere il significato di uno dei tanti significati di quel termine già tradotto nella lingua italiana!

Il risultato di questo... vogliamo chiamarlo sofisma? è che il CD avrà il compito di spiegarci il significato di"anima" secondo lui e non di "nèphesh" secondo la Bibbia! E lo farà non imparando dalla Bibbia i vari significati dinèphesh ma forzando la Bibbia, nel momento che la traduce, infilando in ogni passo di ogni contesto ove nell'originale esiste nèphesh (e poi psychè in greco) la parola "anima" per ricavarne (crede lui!) la mortalità che gli interessa.
Se invece dicesse, come dovrebbe, che "apprenderemo dalla Bibbia il significato corretto del termine originale ebraico nèphesh" le cose andrebbero diversamente. Dovrebbe ammettere che quel termine è polisemantico e che i suoi vari significati si traggono precisamente dai vari contesti biblici in cui è usato e non solo dal primo libro della Bibbia.

Con l'aiuto del più elementare dizionario biblico noi possiamo certificare ciò che il CD sa perfettamente [1] che cioè il termine nèphesh significa persona, individuo, essere vivente, chi, colui (facendo le veci del pronome personale), respiro, collo, gola, fauci, carattere, cuore/mente ovvero l'intimo dell'uomo e sim... e che tali significati diversi sono ricavati dai vari contesti in cui esso compare. Così si può subito toccare con mano che la regola propostaci all'inizio dal CD, che poi si risolve nel chiamare indebitamente "anima" tutte queste diverse realtà, ci dà risultati falsi e grotteschi di traduzione quando non comici.

Il primo risultato falso è proprio quello di definire l'uomo un "anima vivente" in Genesi, laddove bisognava tradurre un "essere/persona vivente". Un risultato grottesco? Quello di parlare di "anima viva" e "anima morta" o di "Dio che ha anima". Due comici? Tradurre "le case dell'anima" al posto di "collane" o dire che una persona è "di anima lunga/corta" invece di dire che è "paziente/impaziente". La sfasatura più ricorrente, che è pure un concentrato di varie illogicità? "L'anima che pecca essa stessa morrà". (Ez. 18, 4) Ma questa la riprenderemo
dettagliatamente...


"Grande" e "pesante"


Il post precedente è di importanza fondamentale. E non siamo noi a dargliela ma il CD che, stabilito quel suo principio filologico ermeneutico per la parola nèphesh ebraica, si "vanta" di essere riuscito ad applicare il termine "anima" ogni volta che trovava "nèphesh". Ecco le sue parole: «Nelle Scritture Ebraiche, siamo riusciti a rendere la parola ebraica nef'esh sempre in modo uniforme come "anima".» (NM '67, p. 1381) Già il fatto che il CD non abbia riscosso per questa dichiarazione un boato di risate è indice della attitudine tutt'altro che bereana che i TG coltivano nelle loro menti.

Noi avremmo immaginato che un TG, leggendo una dichiarazione come questa, avrebbe dovuto interrogarsi su quale mai  possa essere stato lo sforzo erculeo extra fatto dal CD per ottenere questo risultato oltre quello di dire al suo tipografo: "Senti, ogni volta che trovi nephesh scrivici anima!"... e, conseguentemente, annoverare l'uscita del CD tra le battute umoristiche.

Ma dietro ci sono conseguenze serie perché, ragionando bereanamente ci sembra che, stando così le cose, avendo nèphesh quella molteplicità di significati che abbiamo indicato, per lasciare il termine "anima" in ogni contesto, si dovrebbe pensare a una delle due: o i membri del CD hanno reso vari contesti incomprensibili o ridicoli (come abbiamo accennato); oppure hanno manipolato il relativo versetto di vari contesti in modo da costringerlo sul loro "letto di Procuste" interpretativo per farlo quadrare con la parola "anima" (e c'è anche questo come vedremo).
Quindi è importante che aggiungiamo alcune considerazioni a conferma della nostra critica fatta nel post precedente. Il sottoscritto ha avuto la fortuna di conoscere personalmente Mons. Gianfranco Nolli, autore di un testo critico edito dalla Vaticana.[2]

E un giorno gli ha fatto questa precisa domanda relativa alla limitatezza di vocaboli della lingua ebraica antica: "Si può dire che grosso modo la ricchezza di vocabolario dell'israelita dei tempi biblici sta a quella dei vocabolari delle lingue moderne europee come il lessico di un bambino di 5/7 anni sta a quello di un adulto?" La risposta fu un "senz'altro!" E ne seguì l'esempio tratto dalla parola "grande" in bocca a un bambino che la usa indifferentemente per significare concetti molto diversi; concetti che un adulto esprimerebbe con altri termini.

Per esempio: un papà, dal momento che è "grande=adulto" può rispondere al telefono al posto del bambino; poiché è  "grande=pesante" non può sedersi sulla seggiolina delicata senza romperla; poiché è "grande=intelligente" riuscirà ad aiutare nel fare i compiti; poiché è "grande=alto" riuscirà a prendere quella scatola sopra l'armadio; poiché è "grande=abile" può guidare la macchina; poiché è "grande=di corporatura e perciò grande in senso proprio stavolta" non può mettersi i pannucci dei figlioli ecc...

Come si vede l'unica parola polisemantica conosciuta dal bambino "grande" (applicando: nèphes) è usata a significare cose molto diverse. Ma che dire se qualcuno, scegliendo uno dei vari significati attribuiti dal bambino alla parola "grande" (mettiamo "pesante" lo usasse "in modo uniforme" nei vari contesti al posto di "grande"? Servirebbe a chiarire al lettore di un racconto il senso inteso dall'autore?

Facciamone la prova immaginando un romanzo che narri la vita di un contadino. Stando al criterio utilizzato dal CD per "nephes=anima" che nel nostro racconto sta nella equivalenza "uniforme" di "grande=pesante" avremo che:
- nel cap. 1: il contadino che deve piantare dei paletti per una palizzata e ha vicino un normale martello, dice al figlio di andargli a prendere un martello più "grande/pesante"; e ci siamo! quindi i termini sono davvero interscambiabili!

Ma procediamo...

- nel cap. 2° : il contadino che vede crescere la sua famiglia dirà alla moglie che hanno bisogno di una casa più pesante;

- nel 3°: manderà il figlio più pesante anziché i piccoli a fare delle compere;

- nel 4°: farà riferimento alla pesantezza del campo da arare;

- nel 5°: con il suo pesante ingegno (si sa "contadino scarpe grosse e cervello fino") riuscirà a vendere al meglio i suoi prodotti;

- eccetera... Per passare in sede biblica avremo che Gesù, nato sotto il regno di Erode il pesante,  avrebbe assicurato che non c'è stato tra i nati da donna uno più pesante di Giovanni Battista...

Potremmo infierire... ovviamente, ma ci fermiamo. Ci premeva mostrare la gravità delle conseguenze data una partenza sbagliata. Ed anche evidenziare che il significato corretto della parola "grande" in bocca a chi ha un limitatissimo vocabolario non si apprende dal primo libro del romanzo ma si evince da tutti i capitoli, e solo se nei vari contesti di tutti i capitoli esso risponde al concetto di "pesante" allora potremo renderlo uniformemente con la parola pesante, altrimenti no.

Se esso risulterà avere una molteplicità di significati, nel momento che vorremo tradurlo (= tradurne il significato) nel termine equivalente di chi parla un'altra lingua dovremo scegliere con cura quel preciso termine che indichi il preciso significato trasmesso dal contesto.

Alcune testimonianze bibliche convergenti che alludono
in un modo o nell'altro alla sopravvivenza dell'uomo


E vediamo ora alcuni accenni, scarni ma significativi, che lasciano supporre un'idea, perlomeno incipiente (giacché tra i vari agiografi si notano delle incertezze, puntate in avanti e ripensamenti) che alludano a una qualche sussistenza cosciente della persona umana, a un suo modo di essere (misterioso e "legato" ma reale e perciò diverso dalla nullificazione insegnata dal CD). I luoghi li lasciamo alla ricerca personale:

- Giacobbe che vuole finire nello Sceol per reincontrare il figlio Giuseppe. Ed è notevole il fatto che lo credeva sbranato da una fiera, quindi non sepolto in una tomba di terra.

- lo Sceol stesso illustrato come luogo (per il "niente" non occorrono luoghi), situato in qualche posto, dove si va, dove si rimane in attesa di...,  da cui si esce, nel quale si dorme,  e si è impossibilitati a dar lode al Signore ecc....
Non è un modo del tutto depistante dalla verità il prospettare la funzionalità di questa realtà a gente che si vuole nullificata dalla morte?

- la situazione delle anime dei giusti in Sapienza 3,1ss. Testo che anche se (al solito facendo confusione) il CD considera "apocrifo" è comunque un attestato della convinzione culturale diffusa tra il popolo ebraico della diaspora circa la sopravvivenza, intorno al II secolo A.C. E si badi che, dal momento che esso fa parte della versione dei LXX era considerato Bibbia dalla folta comunità ebraica residente in Egitto. È alquanto singolare che essi abbiano accettato e codificato come insegnamento divino una credenza contraria agli insegnamenti di tutto il resto della Bibbia.

- quella dei soldati peccatori che Giuda Maccabeo ha inteso purificare, nella loro situazione di defunti, con un sacrificio di espiazione in 2Mac 12, 38-45. Anche in questo caso poco conta che il CD consideri il libro apocrifo. Anche se lo fosse sta di fatto che è riconosciuto come rigorosamente storico e quindi espressivo di una credenza ben precisa in relazione alla sopravvivenza nell'aldilà.

- l'evocazione dello spirito di Samuele da parte della "medium di En-Dor" in 1Sam 28, 3-19. Anche se fosse vero che ciò che avvenne fu una sceneggiata prodotta da Satana, il fatto testimonia comunque la credenza della esistenza delle persone umane defunte nell'oltretomba, sia nella persona di Saul, sia nel popolo (una medium non fa la medium se non c'è richiesta!). Illuminante al riguardo la nota nella Bibbia di Gerusalemme che qui riportiamo:

«La negromanzia era praticata in Israele (2Re 21,6; Is 8,19) anche se era proibita dalla legge (Lv 19,31; 20,6. 27; Dt 18,11; e qui v 9). Dal momento che il narratore sembra condividere la credenza popolare negli spiriti, pur considerando la loro evocazione come illecita.» E per "spiriti" qui non si intende angeli o demoni ma gli spiriti/anime di esseri umani defunti.

- la proibizione esplicita di Dio di evocare i defunti (cf Lv 19, 31). Se si educa la gente a considerare il... "genio della lampada di Aladino" una figura di fantasia inesistente, ha senso dare la proibizione di non invocarlo? Se Dio, con i suoi saggi e profeti, sin da Genesi avesse davvero educato a considerare i defunti nullificati, come pretende la WT, avrebbe senso proibire a loro evocazione?

- la certezza, davvero biblica stavolta, del CD che nello sceol non c'è nessuna bestia, nonostante che si sostenga che quanto allo spirito vitale non c'è differenza tra bestia e uomo. Per quale motivo gli animali dovrebbero avere una sorte differente?

- le titubanze dell'autore dell'Ecclesiaste (Qoelet), e proprio immediatamente dopo aver sentenziato che non c'è differenza, che uomini e bestie "19 ...hanno la stessa eventualità. Come muore l'uno così muore l'altro... così che non c'è nessuna superiorità dell'uomo sulla bestia[3]..."
Chi sa se "21 ...lo spirito dei figli del genere umano, se esso sale verso l'alto; e lo spirito della bestia, se esso scende verso il basso alla terra!" (Eccl 3, 19-21 - NM).

Gb 19, 25-27 - E dopo la mia pelle...


Citiamo testo e contesto riproducendo fedelmente di questo brano ad andatura poetica gli a capo che sono nella NM.
«25 E io stesso so bene che il mio redentore vive,
E che, venendo dopo [di me], si leverà sulla polvere.
26 E dopo la mia pelle [che] han portata via, questo!
Eppure ridotto nella mia carne io guarderò Dio.
27 Che perfino guarderò da me,
E [che] i miei medesimi occhi per certo vedranno, ma non qualche estraneo.» (NM)

Un utile confronto con la versione CEI ci aiuterà a evidenziare non solo la pesantezza e stranezza della versione geovista, ma anche la difformità di pensiero che esprime. E sorvoleremo sulla differenza dell'ultimo verso, pur così netta, perché non comporta la pesante conseguenza dottrinale che invece è tutta nel verso 26.
«25 Io lo so che il mio Vendicatore è vivo
e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
26 Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio.
27 Io lo vedrò, io stesso,
e i miei occhi lo contempleranno non da
straniero.» (CEI)

Se l'anonimo TG lettore di queste pagine applicasse almeno una volta ciò che promette agli altri che si può fare, cioè ascoltare la Bibbia che "parla da sé" senza bisogno di interpretatori extra (cosa senza senso ma valida come ipotesi di lavoro) noi avremmo che dal testo CEI emerge chiaramente l'idea della sopravvivenza di Giobbe alla sua morte fisica (si leggano attentamente tutte le parole evidenziate del v 26).

Invece, andando a leggere il testo della NM si rimane anzitutto sorpresi dalla evidente contorsione espressiva e poi, assodato che non significa la stessa cosa, ci si domanda che cosa mai voglia dire? Quale è il soggetto della proposizione "E dopo la mia pelle [che] han portata via, questo!"? Questo cosa? E che senso ha il punto esclamativo finale? Mistero...

È ovvio che il CD sa darne una sua spiegazione/interpretazione (che nessuno dei TG da noi contattati ha mostrato di conoscere) ma ci preme denunciare appunto che, contrariamente a quanto si promette agli sprovveduti cattolici che accettano lo "studio biblico" con i TG, ai quali si promette di "non interpretarla" la Bibbia e di poterla capire bene senza l'aiuto del Magistero:

1) Di una interpretazione c'è assoluto bisogno; 2) Che la cosa lasciata alla libera comprensione o non approderà a nulla (costringendo a rinunciare a capirci) o comunque, se un senso si riesce a vedercelo esso non coinciderà certamente con quello del CD. Se infatti la persona che viene indottrinata fa uso anche di altre Bibbie, come lo esorta a fare il conciliante TG proclamatore in Ragioniamo p. 402 dicendogli: «Ci sono molte traduzioni della Bibbia. La nostra Società incoraggia a usarne diverse per paragonarle e per aiutare il lettore ad afferrare il significato delle Scritture.» egli si accorgerà che tendono tutte verso la versione cattolica, la quale allude alla sopravvivenza![4]

Quindi in questo caso la regola di allargare il consulto a pareri diversi sarebbe disastrosa per il TG indottrinante. La verità è che, in questo frangente, bisogna assolutamente stare a ciò che dice il CD e solo a ciò che dice lui, solo contro tutti, per poter interpretare il passo a modo suo.

Sveliamo il mistero ad utilità degli stessi TG,
ma... aggiungendovi le relative legittime domande


Ebbene, in questo passo il CD sostiene che il pensiero di Giobbe, incomprensibile nonostante sia aiutato da opportune parentesi quadre, starebbe a significare: Ma tu guarda!... E dopo che sono stato spellato vivo, pure questo mi tocca sopportare! [intendi: lo sciocco cicalare di sedicenti amici consolatori]. Era semplicissimo, ma di sicuro non emergeva davvero da sé dalla traduzione! E perciò le domande sono d'obbligo...

Ma non si era detto che: "la Bibbia è una lettera del Padre ai figli."? E che: "Una lettera - stiamo citando da testuale intervento di TG in una nostra conferenza - non ha bisogno di essere 'interpretata' ma va semplicemente letta."?
Ma non si era garantito - soprattutto! - che il messaggio geovista è ricavabile in toto dalla MIA Bibbia?[5] Eppure la mia Bibbia (e non ti dico poi che dolori se adopero quella di Gerusalemme [che poi è di Gerusalemme solo per quanto attiene alle preziose note esegetiche e non al testo che è della versione CEI!]), la mia Bibbia, come si vede, suona un'altra melodia in questo passo!...

E, si badi bene, a nulla vale obiettare (poi, e solo poi!) che nel testo originale questo passo ci è giunto danneggiato; cosa che è arcinota. La mia obiezione non è relativa a cosa si deve pensare a livello esegetico scientifico. Essa si rivolge solo alle promesse disattese (e pertanto false) date dal CD quando mi ha detto di poter  usare la mia Bibbia e di potermi affidare alla comprensione personale ascoltando "ciò che dice la Bibbia", senza voci che insufflino una interpretazione di parte.

E poi, dulcis in fundo, per non dire che è senza la carne e senza la pelle che Giobbe vedrà Dio, la NM traduce "eppure ridotto nella mia carne"... che sposta il significato da una situazione post mortem a una situazione che si risolverà in questa vita; Giobbe cioè non starebbe confidando in un premio ultraterreno ma in un ribaltamento della situazione disgraziata in questa stessa vita.

Non fa pensare alle "grandi manovre di una strategia di guerra"?

Intermezzo chiarificatore


Esso dunque, posto a metà del nostro percorso, e precisamente prima di esaminare le varie "prove" sulla presunta mortalità dell'anima, esibite dal CD dei TG in "Ragioniamo" pp. 32-33, ha la funzione di chiarire un equivoco ricorrente. Quello secondo cui il CD dei TG, dichiarando la sua dottrina della mortalità dell'anima, sembra che si riferisca effettivamente all'anima normalmente concepita.

Non è così! E se non è così (come a momenti dimostreremo) bisogna dire che la sua credenza in merito, e la sua relativa contestazione alla credenza della "cristianità" non tocca minimamente la verità creduta nel dogma cattolico (io parlo solo per la mia Chiesa). Non vi si oppone, semplicemente perché parla di tutt'altra realtà. Procedo ricordando...

La tua anima sei tu, quindi muori!


Quando il proclamatore geovista, portatore della dottrina della WT,  venne a casa mia per sostenere la mortalità dell'anima lo accolsi con curiosità. Al termine della sua... diciamo "dimostrazione" non vi dico quale non fu la sua sorpresa nel trovarmi pienamente d'accordo con il suo assunto! Ma la soddisfazione durò poco, perché io aggiunsi subito che lui aveva pienamente ragione e io riterrei davvero che la mia anima sia mortale se l'anima fosse ciò che lui diceva; purtroppo però non era così. Lui aveva parlato d'altro.

Si badi allo schema: noi cattolici riteniamo che l'uomo sia una unità sostanziale composta di anima (definita a volte anche "spirito") e corpo. Il terzo fattore detto "grazia" o vita divina non entra nella sua composizione sostanziale, infatti si può averla o perderla restando pienamente umani sia prima che dopo. Poi c'è l'inabitazione divina, realizzata dallo Spirito Santo che porta con sé l'intera Trinità poiché in tutte le operazioni nella creazione Dio agisce in maniera comunitaria, ma sorvoliamo.

In conclusione per noi: anima + corpo = uomo, persona umana, individuo. I TG invece credono a quest'altro schema: spirito (concepito come "forza vitale" identica a quella animale) + corpo = anima. In sostanza, in base a questo loro schema, tutti gli esseri viventi e senzienti sono definiti "anime". Sono lapidare queste affermazioni del CD dei TG: "l'uomo non ha un'anima, è un'anima; la vostra anima siete voi!" In conclusione, ciò che la normale della gente chiama "persone" il TG lo chiama "anime". Posto ciò dovrebbe andare da sé:

- che il sostenere che l'anima muore è un truismo che non ha bisogno di Bibbia per essere "dimostrato". Ne veniamo certificati ad ogni telegiornale! Ed è perfettamente superfluo sottolineare che le anime (decodifica, le "persone", la gente) possono essere trafitte dalla spada!...

- ma ammettendo questa mortalità dell'anima, non si ammette affatto la mortalità di ciò che comunemente viene inteso oggi in occidente quando si parla di "anima" (parte spirituale dell'essere umano, e non il tutto dell'essere umano).

Spiegandoci con un esempio. Se a qualcuno è stato definito "panino" il ferro, non fa alcuna difficoltà ammettere che il ferro è commestibile! Il linguaggio cifrato è cosa normalissima. Non è normale se uno non lo decodifica e pretende che si stia alla lettera (magari perché "così dice la Bibbia!", che del resto non parla di anima ma di nèphesh, come abbiamo più volte sottolineato). Così si fa solo confusione ed equivoco.

Glissando dall'anima nostra all'anima loro...


Ora è ben chiaro che il TG, facendo il suo discorso sull'anima, aveva come intento di demolire la mia credenza nella immortalità dell'anima ma di un'anima come la concepivo io, cioè come parte spirituale del composto umano (cosa che lui sapeva benissimo!). Ma non può assolutamente illudersi di riuscirci prospettandomi la mortalità di un concetto di anima come la concepisce il Corpo Direttivo cioè equivocamente da come la concepisco io. Se si vuole arrivare a una conclusione logica occorre che l'oggetto del discorso sia lo stesso per entrambi gli interlocutori.

Se lui dice anima e pensa alla persona e io dico anima e penso ad una entità speciale interna alla persona, tutta la sua dimostrazione (del tutto superflua poi, come detto) non dimostrerà che la mia anima è mortale. Così come non riuscirebbe a dimostrare che il "panino" (in realtà pezzo di ferro) sia commestibile.

Niente anima, ci basta l'individuo,
la persona, l'essere umano, l'io


Ed è per evitare tale continuo e insistito equivoco da parte del CD che io preferisco parlare non di immortalità dell'anima contro il CD dei TG ma di immortalità/sussistenza dell'io umano (della "persona" che, morto il corpo, continua ad essere in piena coscienza nel suo "quid" spirituale - che non è la forza vitale ma una entità diversa dalla materia e perciò non disgregabile come il corpo -). Che poi nel cattolicesimo questo quid/entità misteriosa sia stato chiamato anima o spirito è secondario; lo si potrebbe chiamare anche con termini diversi, se si preferisce.

Oltretutto il CD fa due confusioni appaiate:

- primo, definisce arbitrariamente il nèphesh ebraico (che è l'oggetto della ricerca e il concetto polivalente trasmesso dalla Bibbia) con la parola anima moderna, mentre sa che esso non significa sempre e unicamente quel concetto moderno, anzi quasi mai);

- secondo, presenta la sua mortalità dell'essere umano pretendendo che sia mortalità dell'anima (quando, stando a come lo intende, sta parlando di mortalità del vivente e basta!)[6]
Sappiamo anche che questa confusione il CD l'ha imperniata su un frasario ereditato dalla Vulgata che per vari secoli ha improntato di sé il credo cristiano. In latino la persona umana viene resa con "anima" (cf il clero "in cura d'anime" o "quante anime ha la tua parrocchia?") e così la parola anima (e non affatto il concetto!) ha, per così dire, "contagiato" il linguaggio dei credenti grazie alla Vulgata fino all'epoca moderna.

Oggi però si è fatta chiarezza e dove prima sussisteva il latinismo "anima" ora si rende, in base al contesto, la parola ebraica nèpheshcon persona, individuo, colui che, chi, essere vivente, fiato, respiro, carattere (che è l'unica accezione che più si avvicina davvero ad "anima") e, appunto, quasi mai, con anima.

Così saranno inefficaci ai fini del CD dei TG anche gli apporti illusoriamente confermativi della sua tesi di teologi anche di grido che disquisiscono "Immortalità dell'anima o risurrezione?" Quei teologi, se sono cattolici, diranno che la Bibbia non parla di immortalità dell'anima semplicemente perché nel pensiero biblico l'antropologia non aveva tematizzato l'uomo come composto di anima e corpo.

E perciò la Bibbia porrà in grande risalto la risurrezione. E tuttavia se si chiede loro "ma insomma, secondo Gesù, l'individuo viene nullificato dalla morte fisica come insegna il CD dei TG?" diranno certamente: ma che scherziamo? Il NT è chiarissimo nel parlare della sopravvivenza dell'individuo, indipendentemente da come si concepisca l'entità della sua anima/spirito nello stato di separazione. Se non credessero questo dovrebbero leggere alcune pagine inequivocabili del CCC che attestano questa fede della Chiesa.

Fatta questa precisazione, e cioè chiarito radicalmente che la dimostrazione biblica offerta dal CD è equivoca, quanto al proprio oggetto, e non dimostra null'altro che la ovvietà che tutti si muore, passeremo all'esame di alcuni punti fra i più notevoli esibiti in Ragioniamo pag. 32-33.

Ez 18,4 "L'anima che pecca, essa stessa morrà." (NM)


E veniamo al famosissimo versetto di Ezechiele, citato sempre a sproposito dal CD dei TG e, qui in “Ragioniamo” p. 32 come prima presunta dimostrazione biblica della mortalità dell’anima. In effetti sembra che il CD ricavi la mortalità dell’anima solo dalla parola “morrà” intendendola come allusione alla morte fisica.
Ma non occorre molta bereanità per accorgersi che:

1) Ezechiele non sta parlando della morte fisica (parla bensì del disfavore divino);

2) Ezechiele non sta parlando dell’anima (come da noi intesa; quella che precisamente il CD ha intenzione di farci credere mortale!) ma della persona intera, dell’individuo. Tanto è vero che anziché dire “l’anima che pecca” – latinismo! – molte Bibbie traducono “chi pecca… colui che pecca… l’individuo che pecca…”;

3) Ezechiele non sta tematizzando la morte delle persone ma la loro responsabilità personale (tutto il capitolo giostra attorno a tale tematica).

Basta leggere e farsi le più ovvie domande… usando la stessa NM:

- “4 l’anima che pecca, essa stessa morrà”
Vorrà forse dire che chi non pecca non muore? Non sembra, dato che tutti si muore! Allora vuol dire che il concetto di “morte” a cui qui si allude non è la morte fisica (ereditata dal peccato adamico) ma una morte spirituale. Una “morte dell’anima” diremmo noi, cioè il peccato, cioè lo “entrare nel disfavore divino” direbbero i TG.
Quindi la “morte dell’anima” sia concepita come pensiamo noi sia come essere umano completo qui è del tutto impertinente!

- il v 2 fa riferimento al detto proverbiale in Israele che sostiene che i figli scontano i peccati dei genitori. “i padri mangiano l’uva immatura, ma ai figli si allegano i denti”. Quindi si sta parlando di responsabilità delle azioni e non di morte.

- Al che Dio, per bocca del suo profeta, apporta un correttivo sentenziando che quel detto non è giusto, solo “chi pecca morrà” e non i figli per l’errore dei padri. A Roma diremmo “chi rompe paga!” Di nuovo si sta parlando della responsabilità individuale.

- quindi vv 5-9 si ipotizza il comportamento di un uomo retto sentenziando “egli è giusto, continuerà a vivere” (cioè resterà nel mio favore).

- i vv 10-13 ipotizzano il caso di un uomo buono ma con un figlio che si è guastato. Ebbene si sentenzia che “il suo proprio sangue sarà su di lui”, sul figlio stesso.

- poi si passa vv 14- a un figlio che invece ha un genitore balordo ma lui non lo imita, e si dice chiaro chiaro “egli stesso non morrà a causa dell’errore di suo padre” “18 in quanto a suo padre… egli deve morire per il suo errore”. Di nuovo responsabilità individuale ribadita e meglio precisata nel senso da noi additato dal v 20 “L’anima (colui, la persona) che pecca, essa stessa morrà. Il figlio stesso non porterà nulla a causa dell’errore del padre, e il padre stesso non porterà nulla a causa dell’errore del figlio. La medesima giustizia del giusto sarà su di lui stesso, e la medesima malvagità del malvagio sarà su di lui stesso”. No comment!

- infine si ipotizza il pentimento e la conversione dalla via malvagia con relativo perdono di Dio (vv. 21-29) e rimprovero a quelli che non condividono l’idea divina del perdono.

- il timbro finale del discorso è nel v 30 “Perciò vi giudicherò ciascuno secondo la sua via, o casa d’Israele, è l’espressione del Signore Geova.”

Di nuovo la responsabilità individuale, a cui segue ripetutamente l’invito alla conversione.
In conclusione ci pare di poter e dover dire che solo chi legge la Bibbia con estrema superficialità (e non certo con il, sia sempre benedetto, “bereanesimo” raccomandato dallo stesso CD) troverà in quello slogan tratto da Ez 18,4 un attestato biblico della morte dell’anima. Il senso di tutto il capitolo 8 di Ezechiele, molto elementare del resto, tratto da tutto il contesto, significa “Chi pecca si carica di una responsabilità che è sua personalissima e si mette in inimicizia con Dio”, inimicizia che, si dice appresso, un giorno sarà punita.

Monito terribile dunque ma insieme, il resto del discorso lascia intravedere un invito alla conversione, a non peccare più lasciando la mala condotta, condizione che spingerà di nuovo la misericordia di Dio a guardare con favore l’ex peccatore riammettendolo nella sua pace. Morte/morire e vita/vivere non sono altro, in questo contesto, che metafore della inimicizia con Dio o della sua amicizia.

Mt 10, 28 «Non abbiate timore di quelli che
uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima...»


"Ragioniamo" pag. 32, prosegue rispondendo alla sua domanda retorica "L'anima umana può morire?" ritenendo di poter ricavare una conferma biblica di tale mortalità con una citazione sorprendente. In sostanza questa citazione, a suo avviso, dimostrerebbe la mortalità dell'anima solo perché nella traduzione esibita dalla NM è presente la parola "distruggere". Ecco il passo:

«Matt. 10:28: "Non abbiate timore di quelli che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima [o "vita"]; abbiate timore piuttosto di colui che può distruggere sia l'anima* che il corpo nella Geenna". (*Il greco ha l'accusativo di psykhè. Quasi tutte le versioni traducono "anima").»

Basta ragionarci un po' sopra e ci si rende conto che questa citazione dimostra l'esatto contrario di quello che il CD si illude di ricavarci. E il buffo è che la cosa funziona anche (dato e non concesso!) se intendiamo, in questo contesto, l'anima alla maniera geovista, come il tutto umano, l'uomo concreto, io, Tu.

Mettiamo innanzitutto da parte, concedendolo per la troppa ovvietà, che ci può essere un qualcuno così potente (Dio) e quindi da temere che sia capace di distruggere baracca e burattini, cioè anima e corpo comunque intesi. E sorvoliamo, perché qui irrilevante, su come vada intesa la Geenna (ci sta bene qui, sempre dato e non concesso!) intenderla alla geovese come simbolo di distruzione eterna. Né ci interessa più di tanto la "dotta" parentesi sull'accusativo di psychè che rileva solo una curiosità.

Il problema invece si appunta tutto sulla prima parte del discorso di Gesù. Il quale Gesù se era, come dice il CD, il primo dei 1441.000 Testimoni di Geova, e IL Maestro..., la dottrina della WT doveva saperla a puntino e perciò avrebbe dovuto sapere che essa, parlando dell'uomo, non distingue anima e corpo ma corpo e spirito (o forza vitale). E doveva sapere che dire anima e corpo secondo la WT crea una gran confusione poiché in geovese si direbbe solo anima (la quale parola, come stradetto, comprende anche il corpo!).

Quindi le alternative da scegliere: o Gesù, parlando a quel modo, dimostra di non conoscere la dottrina geovista e perciò non è qualificato per insegnare, oppure la conosce ma gioca a confonderci (e ci dovrebbe spiegare perché), o invece ha ragione lui a distinguere "anima e corpo" e ha torto la WT a dire che "anima" comprende tutto.
Ancora e più gravemente: sia che per "anima" si voglia intendere "vita" (come qui si premura di notare con parentesi quadra il CD) sia che la si voglia intendere come "individuo/persona/uomo" il discorso di Gesù asserente che qualcuno non può uccidere l'anima risulta falso! Infatti l'anima così intesa, l'anima geovista che sarebbe quel tale che usiamo chiamare uomo/donna in tutto il suo insieme, in realtà può essere ucciso da tutti, perfino da un bacillo o da un virus piccoli così...

Di nuovo quindi le legittime domande alternative: o Gesù non conosce la dottrina geovista[7] che asserisce che ogni anima muore (salvo quelle che, nonostante tutte le delusioni, credono ancora in un Armaghedon così prossimo che permetta loro di cavarsela ed entrare nella terra paradisiaca senza morire) e che tutti e qualunque cosa possono ucciderla o Gesù smentisce la dottrina geovista distinguendo debitamente il corpo umano dall'anima. E in tal caso l'anima non sarà più il tutto dell'uomo ma qualche altra entità che lui possiede e che dovrebbe essere studiata con molto rispetto invece di tentare di vanificarla nel niente.

«Per un pugno di... chiarezza in più'» - conferma dell'equivoco


Se, prima della pag. 32 di Ragioniamo ove si chiede "L'anima umana può morire?" torniamo a pag. 29 troveremo la definizione di anima; definizione che conferma l'equivoco di fondo da noi già evidenziato. Infatti vi si dice:
«Definizione: Nella Bibbia "anima" traduce l'ebraico nèphesh e il greco psykhè.»

E questa è appunto la radice dell'equivoco e, se voluto, dell'imbroglio. Un discorso onesto avrebbe detto: "Nelle versioni bibliche la parola ebraica nèphesh e la greca psyché, che significano molte cose, sono state tradotte spesso con il termine italiano anima in forza del fatto che fino a fine 1800 non si usavano traduzioni dagli originali ma solo la Vulgata latina e versioni (come quella diffusissima del Martini) che venivano fatte non sugli originali ma sulla Vulgata. Ora, in latino, anima è appunto, come quei termini biblici ebraico-greci, un termine polivalente essendo usato, come nella Bibbia, anche nell'accezione di «persona o un animale, o la vita che la persona o l'animale ha in quanto tale» (ivi p. 29) Il nephes-psykhe biblico, reso anima in dette versioni bibliche, non haquel significato che troviamo sui moderni vocabolari e che è il più diffuso a livello mondiale,[8] cioè parte spirituale del composto umano."

Ma se avesse detto onestamente questo, il CD non avrebbe poi potuto giocare sull'equivoco di fare la domanda se l'anima umana può morire (domanda che il recettore pensa ovviamente riferita al concetto suddetto che lui ne ha) e rispondergli "dimostrando" che... i viventi muoiono!!!

E alla conclusione della "Definizione", ove, ammesse le idee normalmente circolanti, il CD dice «Ma queste due ultime concezioni non sono insegnamenti biblici.» si potrebbe rispondere con tutta tranquillità: "Embeh? Dove sta scritto che per sapere la reale precisa composizione dell'essere umano noi dobbiamo rivolgerci alla Bibbia?" Che ne sa la Bibbia delle leggi psicologiche della percezione, dei condizionamenti, delle aree cerebrali coinvolte nel pensiero ecc...?

Dobbiamo forse stare al significato biblico di "cuore" e "reni" secondo il quale considerare questi organi? Così che una insufficienza cardiaca dovremmo capirla, grazie alla Bibbia, come una - che so? - cattiveria del cuore?
Da quando in qua la Bibbia intende soppiantare e correggere i dati scientifici della scienza biologica, medica, psicologica e... quelli della antropologia filosofica che ci individua con precisione l'essenza del composto umano? Da quando in qua la cultura ebraica può passare per insegnamento divino della realtà delle cose, fuori del discorso religioso che è esclusiva competenza e intento stretto della Bibbia che perfino quando fa storia fa storia teologicamente interpretata?

At 3,23 «Ogni anima... sarà completamente distrutta...»


Sempre a pag. 32 di Ragioniamo il CD ci presenta il testo di Atti 3, 23 che la NM rende «In realtà, ogni anima [greco, psyckhè] che non ascolterà quel profeta sarà completamente distrutta di fra il popolo.»

Qui al CD non è bastato il verbo "distruggere", ha preferito aggiungervi "completamente" (quasi che una distruzione dell'anima possa essere parziale?).

Cosa gli opporremo se non la semplice obiezione che si tratta di una versione di comodo? E che, rispettando la assicurazione che il TG è "lieto di usare qualsiasi Bibbia noi preferiamo" (p. 402 di Ragioniamo), egli dovrebbe usare questa testimonianza biblica usando la nostra traduzione della CEI? Leggiamola...:
«E chiunque non ascolterà quel profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo.» con il debito rimando,in calce, al testo di Levitico 23,29 che qui riportiamo"29 Ogni persona che non si mortificherà in quel giorno [giorno dell'espiazione, un Sabato specialissimo - ndr], sarà eliminata dal suo popolo. 30 Ogni persona che farà in quel giorno un qualunque lavoro, io la eliminerò dal suo popolo.» (CEI)

Cosa dobbiamo capire? Che per la trasgressione del riposo e per la miscredenza ai profeti sia il popolo che Dio si facevano giustizieri di pena di morte?...

Invece noteremo innanzitutto che la scelta CEI, rispettosa dell'abbandono del condizionamento del latino, rende "persona" al posto del solito "anima" scelto dalla NM, e poi capiremo anche che non si trattava di "uccidere-distruggere" realmente il trasgressore (troppe esecuzioni avrebbe dovuto registrare la Bibbia tra gli ebrei miscredenti!) ma di sanzione a persone che restavano vive e che consisteva nella riprovazione pubblica e nella esclusione dalla comunione con la comunità (per le forme che poteva assumere ci soccorra qualche biblista!...).

Quindi anche questo terzo testo è "impertinente" alla tesi geovista della distruggibilità dell'io umano; distruggibilità che (come abbiamo già incontrato in Mt 10,28) solo UNO ha il potere di fare ma che, poiché non si pente mai di ciò che ha fatto, grazie alla sua misericordia non farà mai.

Asterischi sull'uso odierno di Anima
Asterisco I


Un cinquantennio fa Papa Giovanni XXIII disse "Quando il corpo sta bene l'anima canta".
Il contesto era quello di un banchetto. Quindi il pontefice distingueva nettamente il corpo materiale (che mangiava) dall'anima spirituale (che, digiunatrice perpetua ma trovandosi in un corpo saziato con cui ha delle ripercussioni in unità di sostanza si sentiva gratificata di una soddisfazione che, come tutte le soddisfazioni corporee, si riflettono sull'anima, che è l'arnese nel quale risiede la personalità [e che non viene minimamente diminuita dall'amputazione di parti del corpo né ampliata dal conoscere il Colosseo] e attraverso il quale essa si pone in contatto con lo spazio-tempo, percepisce la realtà materiale e comanda al corpo di interagire con essa.

Asterisco II


La psicologia, la psichiatria, la psicanalisi ecc... da un lato...
la fisiologia, la neurologia, la riflessologia ecc... dall'altro.
Sono scienze diverse sia nei metodi che nell'oggetto che è lo spirito (o anima) che esse hanno individuato come complementare, imparentato, unito al corpo ma formalmente diverso.

Anche se uno scienziato del primo gruppo ritenesse che l'anima/spirito scompaia alla morte, come l'anima degli animali, non per questo esso conFonderebbe l'anima con il corpo ritenendo, alla geovese, che l'anima sia il tutto, il composto umano.

L'evidenza del modo di agire dell'una e dell'altra realtà obbligano a distinguerle ontologicamente (anche se non sono mai separabili finché uno è vivo).

E perciò un neurologo farà riscorso, occorrendo, a farmaci, esplicandosi sulla dimensione corporea/fisica, mentre uno psicologo e un counsellor eserciteranno la loro "terapia" solo a suon di comprensione mentale/psichica.

Aserisco III


Ricordo che questi asterischi, mentre servono a tenere in caldo l'argomento e ad evitare che finisca dietro le quinte, servono a confermare l'equivoco di fondo con cui il CD dei TG tenta di inculcare la sua convinzione circa l'anima umana, basilarmente (come abbiamo visto) parlando di altro da ciò che comunemente è stato e viene tuttora concettualizzato dai più dicendo "anima". E quindi dimostrando alla fin fine la mortalità di un qualcosa che non corrisponde in realtà all'anima umana, ma corrisponde al concetto di "uomo" fatto di anima e di corpo.

E allora dimostrare che l'uomo è mortale è un discorso che: 1) non tocca la nostra convinzione sull'anima immortale; 2) è un truismo che non va dimostrato perché è una verità ovvia che non si può non concedere. Potevano risparmiarsi la fatica ridicola di pretendere di dimostrarlo ricorrendo a una mentalità ebraica di migliaia di anni fa che non corrisponde a una corretta antropologia umana.

Ecco altre situazioni ove noi, parlando di "anima", intendiamo qualcosa di ben diverso dal corpo e, al caso, di sussistente oltre la morte di esso.
- Gesù, nelle sue comunicazioni a Santa Faustina Kovalska parla di "anime", intendendo la parte preziosa dell'uomo che dura in eterno;

- Quando a Roma si vuole insultare qualcuno profondamente si fa riferimento anche ai suoi antenati ancora esistenti dicendo "l'anima de li mejo mortacci tua";

- Papa Paolo VI ha fatto celebrare una Messa in suffragio dell'anima di Michelangelo;

- In una preghiera liturgica per i defunti si dice "animae omnium fidelium defunctorum requiescant in pace";

- E aggiungo anche la identificazione dell'anima con lo spirito (non divino) quale suo sinonimo.
Per es. quando nella celebrazione liturgica il sacerdote dice "il Signore sia con voi", augurando cioè la permanenza della grazia nell'anima dei fedeli, gli si risponde "e con il tuo spirito" invece di dire "e con te". E ciò perché si intende dire che il Signore, chiamato dalla presenza della grazia nell'anima/spirito del giusto, risiede in esso come suo tempio.

- Per lo stesso motivo tra cattolici si parla di "esercizi spirituali" intendendo un periodo di "allenamento/riflessione/preghiera" dell'anima/spirito.
È un tempo in cui, pur trattandosi di "esercizi", il corpo c'entra come i cavoli a merenda poiché non sono "esercizi fisici/ginnici" ma spirituali. Il corpo c'entra solo perché è chiamato a stare composto, fermo, occhi bassi, se c'è rumore orecchie turate... ecc... al massimo collabora con lente passeggiate contemplando distrattamente la natura e facendo ruotare nel frattempo la mente intorno a certi pensieri spirituali.

Asterisco IV


- E l'evocazione degli spiriti non dice la stessa cosa? Cosa sono gli spiriti, nella coscienza popolare, se non l'essenza non più corporea e sopravvivente al disfacimento corporeo in cui risiede la personalità del defunto?

Con ciò non intendo dire che lo spiritismo sia lecito né che ogni manifestazione preternaturale (non soprannaturale, è diverso!) venga da spiriti di defunti. Mi serve solo per confermare quale è il concetto di anima/spirito nella cultura odierna. Non corrisponde assolutamente al tutto (che chiamiamo anima+corpo) a cui i TG vorrebbero ridurre l'uomo.

Il fatto che gli antichi ebrei la vedevano in quel modo, l'ho detto e ripeto, non depone per la verità di quella antropologia. Dio non ha corretto nessun errore scientifico, storico, filosofico, geografico, grammaticale eccetera... che proveniva dalla limitata cultura del popolo che fu il primo depositario della sua rivelazione.

Se gli ebrei pensavano a-metafisicamente e a-filosoficamente questo non vuole dire che quel loro modo di pensare fosse giusto, né che noi si debba ricorreggere le nostre enciclopedie sulla base delle conoscenze umane espresse nella Bibbia.

Asterisco V


Ho scritto "uso odierno" non solo pensando all'epoca contemporanea ma anche a quella medievale, nella quale troviamo questo simpaticissimo sonetto, attribuito a Onesto di Bologna (XIII secolo).
Da esso si evince che l'anima non è cosa "corporata" ed è per giunta - per quanto possa dispiacere al CD dei TG - tutt'altra cosa che il sangue...
«L'anema è creatura virtuata
ch'ha simeglianca* de l'eternitade...

Non è sangue, ni cosa corporata,
ma ell'è spirito de suavitade...

Cusì donqua chi sangue no perdesse
in nullo modo doveria morire
s'anema fosse sangue e sangue vita.»

* la "c" ha la "cediglia" e va letta "s".
(cit. da M. L. Coletti, «Il problema del rapporto anima/sangue nella letteratura latina pagana», in F Vattioni (a cura di), Sangue e antropologia biblica, Pia Unione Preziosissimo Sangue, Roma 1981, p. 347).
Berescitte

Note:

[1] Diciamo così perché altrove abbiamo trovato nella letteratura geovista l'ammissione che nèphesh ha una molteplicità di significati. Ma sembra che sulle prime lo scopo del CD, facendo dichiarazioni false e/o imprecise sia proprio quello di saggiare la preparazione logico-culturale dei recettori del messaggio e di creare confusione/sconcerto e conseguentemente abbandono fiducioso in chi ha già riposto fiducia in lui.
Questi, per parte sua, farà come mi disse che faceva un certo ex TG "sprovveduto" di fronte alle spiegazioni alle "Domande dei lettori": andava a leggere solo il succo finale del discorso; laddove i Dirigenti dicono chiaramente cosa si deve pensare dire e fare. Le ragioni? Basta che le capiscano loro!

[2] Autore che i TG conoscono molto bene perché lo usano (a sproposito) nel tentativo di difendere la omissione del pronome "mi" in Gv 14, 14 in tutte le versioni europee della NM (per altre lingue la ricerca è in corso).

[3] Una contraddizione ufficiale nella Parola di Dio? Altrove si dà per certo che l'uomo è superiore alla bestia.

[4] Attenzione ho scritto "della sopravvivenza" e non solo della futura risurrezione di cui nessuno dubita. Infatti la risurrezione comporta la ripresenza della carne e della pelle. Mentre Giobbe sta assicurando che lui vedrà Dio, senza la sua carne e la sua pelle! Alla risurrezione finale
Giobbe allude anche dicendo che sa che il suo Vendicatore è perenne e  "da ultimo si ergerà sulla polvere".

[5] "Ma prego, adoperi pure la sua Bibbia!" Non è una assicurazione che il CD dei TG stampa in continuazione?

[6] Una banalità assoluta anche considerato che l'aggettivo sostantivato "i mortali" viene appunto ad essere sinonimo degli esseri umani. E non è un aggettivo rivelato dalla Bibbia ma dalla vita di ogni giorno. Purtroppo!...

[7] Cf l'appendice alla NM dove si parla di anime "passate a fil di spada" e altro...).

[8] Questa accezione infatti è quella che si ritrova nel cristianesimo, nell'induismo e buddhismo (che anzi ne rimarcano la totale indipendenza dal corpo che vedono come "contenitore"), ma anche in antichissime religioni come quella egizia, cinese, degli amerindi, atzechi ecc... come ammette Ragioniamo dicendo «Per molti, comunque, l'"anima" è una parte immateriale o spirituale dell'uomo...».


 
   
       
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Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo
dei Testimoni di Geova
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