I Testimoni di Geova -
      analisi critica di un culto
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A proposito di “geovismo”


Capita di tanto in tanto di leggere messaggi alquanto risentiti di testimoni di Geova che si lamentano del fatto che, nel riferirsi alla loro religione, venga usato il termine “geovismo”. Qualche tempo fa, per esempio, in un forum online, un TdG aveva osservato che «...termini tipo “geovismo”,  “geovologo”, ect. … [sono da evitare in quanto] furono coniati dai fascisti. ...» (link). Questa è un’idea abbastanza diffusa fra i TdG, i quali, di tanto in tanto, la ripropongono.

Che siano stati i fascisti ad inventare questo termine (ed i suoi derivati) è una cosa piuttosto inverosimile. Non esiste, infatti, nessuna fonte che dimostri che furono i fascisti ad usare per la prima volta queste parole. In nessuna pubblicazione ufficiale della Watch Tower Society (WTS) si dice nulla sull’origine di questo termine; inoltre nemmeno si legge che i dirigenti dei TdG ritengano irrispettoso o inappropriato questo modo di riferirsi al loro credo.

Le pubblicazioni della WTS indicano invece che la parola “geovismo” è stata usata in varie circostanze da persone di varia estrazione politica e sociale (si veda per esempio yb02 p. 176 Ucraina, w74 1/12 p. 725). La parola “geovistico” (senza virgolette) è stata usata anche dalla WTS nella rivista Torre di Guardia del 1959, p. 222, parlando delle “teorie documentarie” sulla composizione del Pentateuco. Se tale termine fosse irrispettoso od inopportuno, la WTS lo avrebbe almeno riportato fra virgolette.

Anche in altre occasioni, parlando sempre delle teorie sulla composizione del Pentateuco, la WTS non si è fatta scrupoli nell'utilizzare il termine “jahwista”. Per esempio:

«Secondo questa teoria esisterebbero tre documenti o fonti, che sono chiamate "jahwista" (J), "elohista" (E) e "sacerdotale" (P)» (Perspicacia, p. 1018).
«Quando la critica sostiene che certi passi, definiti "J" (cioè di tradizione jahwista) e nei quali ricorre il nome di Geova, siano stati scritti da uomini diversi dagli scrittori dei passi in cui ricorre il titolo "Dio" (ebr. ´elohìm), classificati come "E" (cioè di tradizione elohista)» (Perspicacia, p. 909)

Il termine Jahvismo (l'equivalente di “geovismo”) è uno dei modi in cui viene definito il culto di YHWH. Questa parola viene usata comunemente e senza alcun problema da molti cristiani di varie denominazioni. Per esempio:




Anche la parola “jahvista” (= Geovista) viene usata comunemente in ambito cristiano, fra studiosi di varie denominazioni (qui molti esempi: link).

Perfino gli ebrei, a quanto pare, non si fanno scrupoli ad usare il termine “jahvista”, come si nota da questo intervento in un newsgroup di cultura ebraica: «...da qui a qui Jahvista, poi tre parole elohiste, il resto sacerdotale con ultimo versetto deuteronomista» (link).

Il termine ‘geovismo’ lo si trova anche in Cesare Levi (chiara dal cognome l’origine ebraica), I versi sacri, Venezia, 1885, p. 11, con connotazione tutt’altro che negativa. ‘Geovismo’ è adoperato anche da G. Prever nel 1895, mentre ‘geovista’ è usato nel 1919 da Giovanni Rosadi, quanto basterebbe per ritenere infondata la tesi di un neologismo creato dal fascismo. Va però aggiunto che nei tre casi citati si parla di geovismo con riferimento all’antica religione di Israele, e poiché se ne parla solo nei libri veniva preferita la forma etimologica jehovismo, o Jehovista (già in uno storico olandese del ’600, che scriveva in latino). Dal latino si è diffuso particolarmente in francese ove frequentissima è la forma jehovisme/jehoviste nell’Ottocento, e dal francese, credo, in italiano, ove jehovismo si trova molto spesso, fin a metà degli anni ’50 del secolo scorso.

Ecco la riproduzione di queste fonti:


Cesare A. Levi, I versi sacri, Venezia, Dell’Emporio, 1885, p. 11.




G. Preyer, in Il pensiero Italiano, Milano, Aliprandi, 1895, p. 170.




Giovanni Rosadi, Il processo di Gesù, Firenze, Sansoni, 1919 p. 62


«Vita italiana, Rassegna mensile di politica interna, estera» ecc. Roma, 1926, p. 111.



Zino Zini, I fratelli nemici, Torino, Einaudi, 1937, p. 67

Aggiungo solo, per curiosità, che in ambienti francofoni la critica al geovismo, o per dirla come loro, jéhovisme, è cominciata assai prima che da noi: già negli anni Quaranta troviamo titoli come questi:




In questo testo Jéhovisme è addirittura titolo di alcuni capitoli (e jéhoviste ricorre spesso), e certamente non ha nulla a che fare con il fascismo o con i verbali d’interrogatorio fascisti.

In merito ancora alla presunta e, come abbiamo visto, infondata origine fascista di queste parole, ecco qual è stata l'opinione di uno storico. In un forum “geovista” ormai scomparso da qualche tempo, venne pubblicata nel 2004 la lettera scritta da un TdG ad uno storico, il prof. Claudio Vercelli:

Inviato il: Sep 20 2004, 11:42 AM

Egr. Prof. Vercelli,

Secondo alcuni ricercatori, il termine italiano “geovista” (e l'affine “geovismo”) fu usato per la prima volta durante il periodo fascista in senso dispregiativo. Esistono delle prove che dimostrino questo? Ed è vera l'asserzione che il termine fu coniato proprio dalla gerarchia fascista in senso denigratorio?

Grazie in anticipo,
Bert

Ecco quale fu la risposta di questo ricercatore (testo evidenziato in rosso mio):

Inviato il: Sep 26 2004, 01:31 PM

La leggo solo adesso, benché il quesito giaccia in attesa di risposta già da alcuni giorni. Le autorità fasciste italiane ebbero serie difficoltà nell’identificare la “natura” a sé del movimento e, di riflesso, a definirlo con un nome derivato dalla denominazione stessa, fosse anche in mera chiave dispregiativa. Solo nel 1939-40, in prossimità della guerra, si pervenne a cogliere la specificità dei testimoni di Geova, procedendo poi al loro arresto.

Rammento a memoria (che, spero, non mi tradisca) che in un documento di polizia si parlava di “tremolanti”, riecheggiando il convincimento, diffuso tra quanti erano chiamati dal regime mussoliniano a monitorare i culti non cattolici - ed eventualmente a fornire elementi di giudizio per una loro possibile repressione - che la denominazione non avesse autonomia alcuna dal protestantesimo americano; che, in quanto tale, era a sua volta tematizzato dal fascismo come presenza pericolosa, poiché estranea al tessuto culturale italiano.

Si riteneva che la condotta dei membri italiani della denominazione fosse una commistione tra influenze straniere, volte a mettere in discussione la cattolicità della nazione italiana (divenuta poi, a fare dalle guerre coloniali della metà degli anni Trenta, “razza” tout court), credulità popolare e inganno politico. Quello che si reputava fosse un mix tra questi innesti era guardato con sospettosità ma non condusse a una risposta persecutoria generalizzata, se non con l'inverarsi di condizioni appropriate, ovvero con la radicalizzazione delle scelte del regime. Detto questo non so se furono i fascisti ad adottare per la prima volta, in chiave - ovviamente - offensiva, il termine “geovista”.

Non ho le competenze, al momento, per darle una appropriata risposta. Mentre le posso senz'altro dire che dal punto di vista del lessico totalitario i termini che supportano il suffisso “-ista” e “-ismo” hanno sempre una valenza denigratoria, almeno che non siano applicati alla autodefinizione, ovvero alla apologia di sé e del proprio movimento, fazione, partito e così via. In linea generale, come lei stesso dice, il denominare con prefissi o suffissi un interlocutore - ovvero il renderlo elemento di una scala seriale, l'inserirlo in una successione, cancellandone così la specificità e attribuendogli delle mere qualità ascrittive (in quanto parte di una totalità, non soggetto a sé) - può essere un atto linguistico neutro, ovvero ispirato al presupposto che si tratta di una mero giudizio di fatto.

Tuttavia - e qui la questione si fa circolare - gli atti linguistici non sono mai neutri, ovvero non sono mai esenti da un (pre)giudizio di valore. Poiché designano, contrassegnano quindi confortano qualcosa che preesiste all'oggetto stesso della loro definizione, seguendo dei codici di senso che sono anche circuiti di valore. C'è effettivamente un problema contestuale, di campo semantico, che afferisce all'aspetto dell'uso delle parole, di chi e come le usa, a quale scopo. La lingua, in buona sostanza, è il vettore con il quale stabiliamo (ma anche distruggiamo, a volte) rapporti sociali. E con essi le persone che ne sono parte...

Per un regime totalitario, che ambisce a tenere in sé, a “comprendere” tutto e tutti, non si dà il caso di eccezioni rispetto alle proprie articolazioni. Da ciò il ricorso ai suffissi di cui sopra serviva a stigmatizzare i destinatari per poi poterli meglio colpire. Dichiarando la loro estraneità dalla “nazione”, dalla “razza”, dalla “comunità di stirpe” o “di popolo”, dal “ceppo originario” e così via.

Claudio Vercelli

Vercelli, che è appunto uno storico, e non un linguista, ammise di non sapere se furono i fascisti ad usare per la prima volta il termine “geovismo” e i suoi derivati. Gli esempi succitati rispondono in maniera chiara a questa domanda e dimostrano che non furono affatto i fascisti ad usare per primi questa espressione.

Attualmente comunque - e indipendentemente dalle sue origini - il termine “geovismo” viene usato dalla gente in generale. Le parole “geovismo” ed affini non hanno necessariamente una valenza denigratoria. Ciò dipende dall'uso che ne viene fatto e dal “tono” con cui vengono usate.

Visto quindi che chi usa queste parole non lo fa necessariamente in senso dispregiativo, non esistono ragioni valide per evitare di esprimersi in italiano in questo modo. D'altro canto, coloro che non hanno simili remore linguistiche (che comunque, come si diceva, non sono mai state espresse in nessuna pubblicazione ufficiale dei TdG), devono essere lasciati liberi di usare espressioni che, in un solo termine, esprimono con chiarezza il concetto di “religione dei Testimoni di Geova” e di “aderente al credo dei Testimoni di Geova”.

E se alcuni TdG ritengono che la parola “geovismo”, di per sé, sia irrispettosa od offensiva questo è un problema loro, che non riguarda comunque chi usa tale termine nel suo semplice significato linguistico, privo di accenni denigratori. Tutt'al più la parola potrebbe essere evitata, come una personale forma di cortesia, se il proprio interlocutore TdG affermasse di non ritenerla opportuna o di sentirsi offeso.

Ma di per sé tale parola non è né offensiva né denigratoria. Si potrebbe anche usare, come fanno molti, l'acronimo “TdG”: Ma chi lo ha detto che questo sia più rispettoso di “geovismo”? E poi “TdG” si riferisce solo alle persone e non al loro credo.

Il sostantivo "geovismo" è entrato a far parte della lingua italiana e viene riportato, senza alcuna accezione negativa, anche in alcuni dizionari:



Per ulteriori approfondimenti, si veda anche la seguente discussione nel forum Infotdgeova: Geovismo, termine fascista?

 
   
       
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Crisi di coscienza,
Fedeltà a Dio
o alla propria religione?
Di Raymond Franz,
già membro del
Corpo Direttivo
dei Testimoni di Geova
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